Il crocifisso è un simbolo che
identifica una religione. Ma anche una forma di dominio e di aggressione, come
furono le Crociate, o guerre sante, - promosse dalla Chiesa cattolica, attraverso
la nobiltà feudale - combattute tra l'XI e il XIII secolo, per riconquistare la
Terra Santa dal controllo islamico. Non a caso, quella croce la
portavano cucita o dipinta sui propri abiti e divise.
Dietro quell’emblema e quel motivo
religioso, tuttavia, si nascondevano anche altri interessi economici, come il
desiderio di controllare il proficuo commercio con l’oriente.
Quel crocifisso non è, quindi, proprio
un valore della nostra identità, “da prendere
in mano e sbandierare, orgogliosamente, ai quattro venti, quasi fosse la nostra
arma”.(Cit)
Al contrario del Presepe, che, al di là
del mistero dell’incarnazione, è da sempre rappresentazione di pace e
fratellanza, messaggio d’amore e di bontà.
Ce lo dice la sua storia, ce lo dicono
i suoi personaggi e i luoghi della tradizione: la grotta o la capanna, la
mangiatoia, dov'è posto il bambinello, i due genitori, Giuseppe e Maria, i
magi, i pastori, le pecore, il bue e l'asinello, gli angeli, i fuochi, i fiumi
e il cielo stellato con tanto di cometa.
Nel suo significato pedagogico, il
presepe è un’autentica riserva di valori: il valore dell’essenzialità, del
silenzio, della pace, della gioia e della tenerezza, della solidarietà. Per
tutto questo il presepe va difeso, protetto ed eletto a simbolo.
In
esso sono racchiusi le qualità, le virtù, i
principi morali e le sensibilità che fanno emergere l’Uomo.
Te piace ‘o presepe?
Ce lo chiedeva Eduardo De Filippo, già
nel 1931, in Natale in casa Cupiello.
La
mia risposta è ancora e sempre sì.
(Alfredo Laurano)
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