Dopo
tanto tempo di inattività presepiale, nel 2012, ho voluto realizzare questo
piccolo presepio per dedicarlo al mio grande amico perduto un mese prima,
ricordandone l'ironia che accompagnava il suo, sempre uguale, sempre
approssimativo e sballato nelle sue distratte proporzioni: Giuseppe era la metà
di Maria e alcune pecore più grandi dei pastori. Non parliamo delle piante e
delle case, di ogni dimensione, stile e fattura.
Quel
maledetto anno, non poté più farlo: se ne andò, senza il suo improbabile presepe,
un mese e mezzo prima di Natale.
Lo
canzonavo per quel suo improbabile allestimento, affettuosamente lo prendevo in
giro dicendogli, ogni Natale che ostinatamente lo riproponeva, sempre uguale,
che doveva decidersi a fare qualcosa di meno infantile, di più serio e più
realistico, che doveva studiare la prospettiva, le misure, le proporzioni, gli
elementi scenici in primo piano.
Si
accendevano dispute sofistiche sui significati, sui valori e sull’arte
presepiale.
La
sua semplice rappresentazione, ripensandoci oggi, aveva tuttavia qualcosa di
magico e surreale: l’autenticità,
la freschezza, la genuinità, la spontaneità, l’innocenza dell’eterno bambino,
che va oltre ogni gabbia razionale per inseguire la pura fantasia.
Infatti,
come lui disinvoltamente diceva, a conclusione di ogni burlesco confronto, "ma che te frega, conta il simbolo, la
tradizione!"
E,
forse, aveva ragione.
Auguri
Mimmo, in qualunque presepe ora tu sia!
Nel
mio, ci sei sempre.
(Alfredo)
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