Cinque anni di guerra in Siria hanno
provocato, oltre a centinaia di migliaia di morti, 13 milioni di sfollati e
profughi. Uomini, donne e bambini - circa la metà della popolazione dell’intero
Paese - hanno dovuto abbandonare le case distrutte e le proprie cose.
Sono finiti nei campi profughi di mezzo
mondo, ma circa due milioni vivono ancora lì, sotto assedio, intrappolati nella
guerra.
Molte città sono rase al suolo e 63 ospedali sono stati bombardati in
attacchi mirati (non certo per errore, come si vuol far credere, vista l’alta
tecnologia e i satelliti impiegati) contro strutture civili, accanto ad
obiettivi e gente che non combatte.
In particolare, ad Aleppo - la città più
popolosa della Siria, detta la Bigia, la capitale del nord - dove ogni giorno l'esercito e i ribelli
combattono gli uni contro gli altri.
La città è un campo di battaglia e quasi
tutti i civili l'hanno abbandonata. E’ completamente devastata, alcuni
sopravvivono in condizioni impossibili, senza niente, senza cibo, senza luce:
manca tutto, perfino l’acqua.
Un milione mezzo di siriani, con un flusso
inarrestabile, si sono rifugiati in Libano, dove non ci sono altri campi
profughi e dove vivono come possono, sotto tetti e terrazzi o in baracche
fatiscenti, pagando affitto, cibo, elettricità. Si scaldano bruciando plastica.
Intere famiglie, con bambini e anziani,
sopravvivono all’addiaccio o sotto il sole cocente senza protezione,
abbandonate a loro stesse e c’è chi, non avendo altra alternativa, considera
l’opzione più estrema, emigrare per mare: “Ci
stanno stringendo un cappio intorno al collo, da qui ci cacciano e in Siria non
possiamo tornare. Preferiamo morire in mare che sotto il sole in una strada”.
Intanto, al largo della Turchia, nell’Egeo,
nel Mediterraneo e nella via dei Balcani si continua a morire tutti i giorni.
Profughi e migranti, tra cui moltissimi bambini, annegano in quei mari, ma
anche nelle acque dei fiumi, o per malattia e stenti.
E queste cronache, ormai, non fanno quasi
più notizia, se non per l’orrore e il malessere che provocano certi incredibili
reportage televisivi, realizzati da coraggiosi inviati.
Nei
risvolti amari di questo epocale disastro, si è aperto finalmente, quasi per
miracolo, un timido spiraglio di speranza: un progetto-pilota realizzato dalla
Comunità di Sant’Egidio, dalle Chiese Evangeliche e dalla Tavola Valdese che
unisce la solidarietà e la sicurezza e consente di aiutare persone che fuggono
dalla guerra.
Cento
profughi provenienti dal Libano, tra cui bambini, disabili, anziani e vedove di
guerra con figli, sono già stati trasferiti in Italia, attraverso viaggi sicuri
in aereo. Un canale legale contro i viaggi della morte e il traffico dei
mercanti.
Nei
prossimi mesi, grazie a un accordo con il governo italiano, attraverso altri
corridoi umanitari arriveranno nel nostro Paese un altro migliaio di profughi -
attualmente in Marocco, Libano ed Etiopia - scelti in base alla condizione di
vulnerabilità (vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con
bambini, malati).
Tale
iniziativa indica che un’altra via è possibile e che si può e si deve
affrontare questa emergenza umanitaria con modalità diverse da quelle
arrangiate fino ad oggi. C’è da sperare che le istituzioni europee, incapaci,
indecise e titubanti, o in molti casi assenti, possano decidere qualcosa di
nuovo e di efficace, in questa direzione.
Lo
stesso Francesco, il cui primo viaggio da papa è stato proprio nel segno di
Lampedusa, lo definisce segno concreto di impegno per la pace e per la vita,
esprimendo grande ammirazione per la scelta dei corridoi umanitari.
Questo
progetto è come un accordo di pace perché permetterà di salvare tante vite
umane.
Per
la prima volta, disciplinando flussi, spazi, numeri e reali possibilità, chi ne
ha diritto potrà finalmente entrare nel nostro Paese evitando le scommesse con
la morte e col destino: un modello replicabile dappertutto, a condizione che ci
sia la volontà di farlo, invece di erigere altissimi muri e reti spinate.
Le
spese per i viaggi, in aereo o in nave, per l’ospitalità e l’assistenza legale
saranno tutte a carico delle associazioni e dei privati, in larga parte con l’8
per mille dei Valdesi e con fondi della Comunità di Sant’Egidio. Attendiamo,
con fiducia, anche la disponibilità della Chiesa cattolica.
Mille
persone, per ora, ma con la speranza che in futuro siano molte di più ad essere
finalmente sottratte al rischio di morire in mare, ma anche allo sfruttamento
economico da parte dei vili mercanti di uomini.
Per
qualcuno, più che un viaggio, è iniziato un sogno, il sogno di non patire più
la violenza, le bombe, la fame, il freddo e il dolore per i figli senza futuro.
(Alfredo Laurano)
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