Oggi, Dario Fo, il nobile giullare, compie 90 anni!
Una straordinaria avventura artistica la sua.
Che altro
dire, scrivere o pensare di questo geniale menestrello che, con la sua
stupefacente mimica, con il suo stile beffardo e canzonatorio e con la sua
suadente capacità di affabulazione, ha da sempre raccontato il rapporto fra
Potere, religione e società?
Che in una lunga serie di commedie, ritratti e
personaggi ha rappresentato i grandi temi della nostra quotidianità, anche
attraverso la storia, i miti e la leggenda?
Ricordo
tutti gli spettacoli di Dario e Franca che ho seguito al Teatro Tenda di piazza
Mancini di Roma, negli anni settanta.
Da
“Mistero Buffo” recitato in “grammelot” - un linguaggio eccezionale che si rifà
alle invenzioni dei giullari e alla Commedia dell'Arte, fatto di suoni che
imitano il ritmo e l'intonazione di dialetti padani e popolari - a “Morte
accidentale di un anarchico”, al “Fanfani rapito”, a “La signora è da buttare”,
a “Settimo, non rubare”, a “Pum pum! Chi è? La polizia”…
E
ricordo, soprattutto, le sue spassose improvvisazioni, i commenti caustici ai
fatti del giorno, le parodie, le battute che introducevano, di solito, la
commedia. Uno spettacolo nello spettacolo! Ogni volta entusiasmante!
In ogni
passaggio, si coglieva la magia, la spontaneità, la bravura imbarazzante, la
vis comica innata, l’ironia pungente, la capacità di coinvolgere gli spettatori
e di farli sentire partecipi, amici e protagonisti.
Sotto il
palco, prima e dopo la recita in programma, Dario e Franca ridevano e scherzavano con tutti, fra abbracci e
pacche sulle spalle.
I testi
erano di satira politica e sociale per un teatro militante e popolare, critico
e alternativo, anche nei luoghi in cui si realizzava: piazze, fabbriche, case
del popolo e per un pubblico ben diverso da quello tipico dei teatri classici o
borghesi.
Gli
incassi servivano spesso per sostenere la militanza in Soccorso Rosso, che
aiutava, anche legalmente, i detenuti della Sinistra extraparlamentare e
controllava le loro precarie condizioni carcerarie.
Tutta
l’opera di Fo è intrisa di valori sociali e libertari, è anticonformista,
anticlericale e fortemente critica nei confronti delle istituzioni e della
morale comune, sempre attraverso lo strumento della satira feroce che non fa
sconti.
La
costante opposizione a ogni forma di potere prepotente e vessatorio ha reso Fo,
almeno fino al premio Nobel del 1997, un artista particolarmente
"scomodo".
Non a caso, fu cacciato dalla Rai nel 1962 e poi
dimenticato per parecchio tempo.
In molte
farse, con o senza Franca, si è preso gioco anche del mondo ecclesiastico che
non l’ha mai molto amato.
Oggi,
dando ulteriore prova di onestà intellettuale e del suo spessore umano, il
laicissimo Dario Fo, l’impareggiabile buffone che da sempre ha preso in giro
Chiesa, potere, papi, presidenti, politici e cardinali, è arrivato,
paradossalmente, a schierarsi con il rappresentante massimo della chiesa
cattolica, papa Francesco, che in più occasioni ha apertamente criticato il
mondo del business internazionale, le banche e i poteri forti, i fanatici del
profitto a tutti i costi, i fabbricanti di armi, di guerra, di morte e di
violenza.
Un uomo
che Dario ammira, in una naturale e non troppo sorprendente vicinanza di pensiero e
sentimenti, perché tenta migliorare il mondo e di tutelare i più deboli ed
emarginati e che per questo dà fastidio.
Come dava fastidio lo stesso Fo, fino a qualche tempo fa.
Auguri!
24 marzo 2016 (Alfredo Laurano)
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