Della
mamma, del papà, dei nonni, dei santi, dei defunti, della Repubblica, della
Liberazione, oltre a tutte quelle comandate – Natale, Epifania, Carnevale,
Pasqua, Ferragosto – fino a quella, fra le più insopportabili, della donna,
l’otto marzo.
Se non
esiste ancora, e mai esisterà, la festa dell’uomo, ci sarà un perché.
Non
svelerò il mio, perché ognuno, certamente, troverà, in cuor suo, una più che evidente
risposta a questa facile e quasi retorica domanda.
Saremo
sommersi, come sempre, da milioni di spugnose e puzzolenti pallette gialle che
si dicono mimose, da chiassose serate in pizzeria, da canti, danze e libagioni
nei calici dell’euforia e da squadre di “stripper” depilati e tonici, dallo
sguardo quasi intelligente e dall’addome scolpito, pronti a regalare, a certe
ingorde femmine, qualche timida emozione trasgressiva e qualche briciola
sublime di sesso surrogato.
Un’avvilente
parodia dell’emancipazione a comando che porta schiere di rispettabili signore a
fare qualcosa di inusuale e stravagante, che negli altri giorni dell’anno non
possono permettersi, sovvertendo tutte le regole quotidiane, a patto che il
giorno dopo si riaffermi lo status quo. Cioè, tornare nella loro riserva
indiana, in cui molte ancora vivono, per abusi e discriminazione.
Per
una sera, molte donne libereranno le proprie represse fantasie, oseranno
mostrare autonomia e spregiudicatezza, dimenticheranno fabbriche e lavoro,
pannolini e minestrine, bollette, rate e mutui da pagare, compagni, mariti e
genitori da consolare e da accudire. Si
ribelleranno per celebrare il rito.
E, già,
la chiamano “festa”, ma l’otto marzo è un giorno della memoria dal significato
profondo e, anche se il consumismo moderno ha voluto imprimere un senso assai diverso,
è bene ricordare che è il giorno nato dalla lotta per i diritti civili delle
donne.
Per molto tempo, si è alimentata la famosa leggenda dell’incendio
del 1908, dove 129 operaie, che scioperavano nella fabbrica di camicie Cotton
di New York per protestare contro le disumane condizioni di sfruttamento,
trovarono una morte orribile, arse dalle fiamme di un incendio appiccato
volontariamente. In realtà, questa vicenda non è forse mai accaduta o,
probabilmente, è stato confusa con l'incendio di un’altra fabbrica tessile
della città, avvenuto nel 1911, dove morirono 146 persone, tra le quali molte
donne.
I fatti
che hanno realmente portato all'istituzione di questa festa sono quindi legati
alla rivendicazione dei diritti delle donne, tra i quali il diritto di voto, e alle
loro conquiste sul piano dell’economia e della politica.
Affonda
le sue radici nella manifestazione che il Partito Socialista americano
organizzò il 28 febbraio 1909, a sostegno del diritto delle donne al voto.
Proprio
in quegli anni, le donne si attivarono sul tema delle rivendicazioni sociali e
molte decisero di scioperare e scendere in piazza per molti giorni, per
chiedere un aumento di salario e il miglioramento delle loro condizioni di
lavoro.
Nel 1910,
l’VIII Congresso dell’Internazionale socialista proposte di istituire una
giornata dedicata alle donne. L’anno
dopo, a New York, la fabbrica Triangle andò a fuoco e centocinquanta donne
persero la vita.
Da allora, le sollevazioni femministe si moltiplicarono in
tutta Europa.
Ma, fu solo nel 1917, quando le donne di San Pietroburgo manifestarono
in piazza per chiedere la fine della guerra, che si fissò all’8 marzo la festa
della donna.
Nel 1946, tutta l’Italia partecipò alla festa e si scelse la
mimosa, la pianta che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo, come simbolo
della ricorrenza. Poi, col tempo e le trasformazioni sociali e di costume, si è
arrivati, inevitabilmente alla volgare speculazione commerciale e agli extracomunitari
che vendono mazzetti, come ombrelli o fazzoletti, ai semafori e davanti ai
supermercati.
Come
scrivevo in altre occasioni, i diritti delle donne non possono contare solo un
giorno all’anno, che spesso si riduce o si trasforma in una specie di carnevale
del sessismo pacchiano a poco prezzo.
Il
valore della ricorrenza, al di là degli aspetti banali, mercantili e repellenti
che più ci fanno schifo, riveste un significato simbolico ben diverso.
E'
un'occasione in più per ricordare le conquiste, l’autonomia e la totale parità
di diritti delle donne, ma anche le continue violenze e le discriminazioni
sociali e religiose, di cui sono ancora oggetto in molte parti del mondo,
nonostante il ruolo irrinunciabile e l’importanza della loro presenza nella
società, ancora, prepotentemente, tardo-maschilista.
Per questo, auguri alla persona
Donna. Otto marzo duemilasedici
(Alfredo Laurano)
(Alfredo Laurano)
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