Nella Francia di qualche decennio fa, in una villa di campagna,
isolata dalla neve, sette donne scoprono il padrone di casa, Marcel, nella
propria camera, con un coltello conficcato nella schiena. Chi l’ha ucciso?
Non si può uscire, non si può chiamare la polizia: non resta
altro che attendere e indagare l’accaduto. Nessuno, comunque, può e deve
lasciare la casa: tutte sono possibili assassine.
Ognuna dà la sua versione dei fatti sulla notte passata, ognuna
dice la sua, contraddicendo e accusandosi a vicenda, con non poca repressa
cattiveria.
Una contro l’altra, tutte contro tutte: nessuno è quello che
sembra, nessuno fa quello che dice, nessuno dice quello che fa, in un intrigo
davvero affascinante.
Esibiscono a turno le loro pulsioni e i loro segreti più
nascosti in una sorta di confessione catartica e collettiva che libera le
coscienze, costrette dalle convenzioni sociali.
Il meccanismo del fitto dialogo teatrale, consente così di
mettere a nudo anche vizi (tanti) e virtù (poche) e le tante ipocrisie della
società piccolo borghese, con un sottile sarcasmo degno di Buñuel.
Senza più freni inibitori, le donne sulla scena - madri, figlie,
cognate, sorelle - si scagliano frecce d’odio e di rancore, con ferocia e
malignità, perché, via via si scopre che ciascuna, a vario titolo, aveva un
valido motivo per volere la morte di Marcel.
Nella pièce teatrale “Sette donne e un mistero”, replicata ieri
alla Sala Petrolini di Castel Gandolfo, si integrano il giallo e la commedia brillante
e grottesca, in un divertente noir tutto al femminile, con gli ingredienti
tipici di un classico alla Agatha Christie.
Il tutto sotto il segno dell'ironia e con un ritmo narrativo
costantemente incalzante, che prelude a un gioco al massacro, in cui le sette protagoniste
si fronteggiano e si disprezzano, senza risparmiare colpi, tirando fuori i
propri scheletri nell'armadio: tradimenti, passioni illecite, inganni,
avvelenamenti, sorprese, rivelazioni, tresche e altarini vari. Ma solo una di
loro è colpevole: quale?
La padrona di casa è Gaby (Simona Lattes), moglie autoritaria e
determinata del morto, amante del lusso, ma sicuramente infelice. Anela una
fuga d'amore con un giovane, che però la tradisce con la ambigua cognata
Pierrette (Irma Ricco), oppressa da problemi economici. Ospita, in casa, sua
sorella Augustine (Giusi Martone), algida zitella che si finge cardiopatica, che
legge di nascosto romanzi rosa e tenta di sedurre il cognato Marcel,
sbandierando la propria castità, e la loro Mamy (Ornella Petrucci), vedova, che
finge di essere costretta sulla sedia a rotelle, che ha avvelenato il proprio
marito e che detiene, con avidità, titoli e azioni.
La settima donna è la giovanissima Suzon (Marilisa Iannuzzo), figlia
di Gaby e di Marcel, scandalosamente incinta, particolarmente ispirata nei
panni congeniali di una Poirot al femminile.
Tutte brave, le sette magnifiche attrici che, tra bugie, recite
e finzioni, disegnano limpidamente gli stravaganti personaggi - non proprio da
oratorio e un po’ peccaminosi - rappresentandoli, con coerenza e con la giusta malizia,
secondo le trame più oscure e più proprie dell’universo femminile.
Ne delineano, nelle varie tappe evolutive - dall’adolescente al
più maturo - le ambizioni, le passioni, le tensioni sessuali, giocando sull’ambiguità
delle pruderie e dei sentimenti. Divertono il pubblico e sanno stupire, senza
eccessi retorici o da palcoscenico, pur nella dimensione amatoriale, ma ricca
di professionalità e sostenuta da indubitabile passione. Anche i tempi di scena
e di regia sono giusti e misurati.
E il finale, come nei gialli classici di Agata Christie, ci
regala un insospettabile colpo di scena.
La commedia si rifà a “Otto donne e un mistero”, un film
francese di François Ozon, con Catherine Deneuve, Isabelle Huppert, Fanny
Ardant, di una dozzina di anni fa.
Questo è un remake ben riuscito, gradevole e coinvolgente, dove
attrice e personaggio coincidono a misura, anche da un punto di vista fisico:
nessuna potrebbe essere più giusta nella parte. Tutte brave, capaci e misurate
le magnifiche sette fanciulle, in un cast aderente e ben assortito.
Uno
spettacolo piacevole e godibile, dai toni e dai temi appena trasgressivi, da
degustare con la giusta dose di mistero.
7
marzo 2015 (Alfredo Laurano)
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