giovedì 26 marzo 2015

LA GROSSE KOALITION.

Sabato ci sarà il battesimo ufficiale, benedetto dalla piazza, della nuova coalizione di Landini. Anche se, ammettiamolo, non sappiamo o non abbiamo capito bene cosa sia.
“Vogliamo unire tutti quelli che il governo ha diviso, ma non siamo un partito”: ha detto e ripetuto il Fausto della Fiom.
Una forza di sinistra, un movimento di opposizione, oltre il sindacato, che svolge la sua azione all’esterno del Palazzo, nelle piazze, nelle fabbriche e nelle scuole. Fra gli operai e gli studenti. Fra delusi, minoranze di partito emarginate e associazioni di volontariato, antimafiose, come Libera o Onlus come Emergency. Proprio come una volta, come quando c’era una Sinistra, più o meno extra-parlamentare. Maurizio Landini vuole intercettare il clima di insoddisfazione sociale che pervade il Paese.
 “Discesa in piazza”, quindi, e una prima occasione per mobilitarsi: la manifestazione del 28 marzo contro le politiche economiche e sul lavoro del governo Renzi, a cominciare dal Jobs Act.

Non un partito, dunque, non una lista in prospettiva elettorale, peraltro lontana all’orizzonte. Per imporsi come riferimento dell’opposizione, sembra opportuno, se non obbligatorio per Landini, restare fuori dai partiti. Fuori dal Parlamento
Da una parte la Lega di Salvini che raccoglie consensi con la politica della paura, anti euro e antinvasione, dall’altra l’eroica crociata quotidiana dei Cinquestelle contro la corruzione e i privilegi della Casta. Landini sa di non poter presidiare tutta l’area della opposizione al Renzusconismo e quindi deve trovare appoggi ed adesioni nella società civile, tra i lavoratori, tra gli intellettuali, nel mondo della scuola e dei pensionati. Cioè nella base tradizionale della Sinistra, sempre più frammentata e indebolita.
Dopo la fine del PCI, in Italia non c’è molto spazio, se non per quella moderata e democristianizzata, ben rappresentata dal PD, o per forze destinate a svolgere un ruolo temporaneo di denuncia e testimonianza, come fu per la perdente Sinistra Arcobaleno nel 2008.
Non che i par­titi non ser­vano, ma in que­sto momento sono diven­tati così impo­po­lari che farne uno nuovo non por­te­rebbe a nulla.
Salvo che non sia di destra e, cavalcando l’onda dell’attualità, offra forme avve­le­nate di razzismo e popu­li­smo, come fanno la Le Pen e, appunto, Sal­vini.

Il progetto Landini potrebbe rappresentare un adeguato collegamento fra i fermenti della società, da sempre vivi e sparpagliati alla rinfusa, e gli spazi della politica ufficiale. Una ricompattazione sociale per riaffermare quei diritti alla base della nostra Costituzione, che nemmeno Berlusconi era riuscito a smantellare, mentre ci sta riuscendo il Pd di Renzi. 
Lo strumento che può più aiutare in questo arduo cammino è senza dubbio la parola: come, quando, dove, a chi e perché si dice. Cioè, la comunicazione, in particolare, quella televisiva. Perché il medium è il messaggio.

Come accade ormai da tempo: la TV, i suoi effetti, i suoi contorni e le sue forme che si riflettono sul Web e sui Social tutti i giorni. Dove vegetava perennemente Berlusconi a reti unificate e dove vivono oggi Renzi, Salvini e la Santanchè. Una presenza fissa, quotidiana e nauseabonda.
Il segretario Fiom l’ha capito e si sta giustamente adeguando, con la sua passione coinvolgente e con le sue qualità dialettiche di trascinatore travolgente.
Piazza e televisione, dunque, a partire dal lavoro e dal sindacato come soggetto politico trainante che “se non fa politica è aziendale”.

La “coalizione sociale” di Landini, per ora, è chiaramente una sfida alla deriva moderata del PD, ma non può non leggersi, in prospettiva, sul piano politico ed elettorale, dove raccoglierebbe i disagi interni di quel partito e attrarrebbe le liste alla sua sinistra.
E’ evidente il riferimento a Syriza, in Grecia, e Podemos, in Spagna: formazioni di successo di sinistra, ma anche distinte da una certa trasversalità. Come potrebbe diventare la “coalizione” politica di Landini, schierata contro Renzi, il suo partito e il suo governo, alleato di Confindustria, nel progetto di cancellare i diritti dei lavoratori: quindi, un nemico da contrastare.
E’ una mossa a lungo attesa, quella di Landini che dice basta alla cosid­detta crisi che scarica i suoi costi sui ceti deboli - che sono ormai una larga parte della popo­la­zione, anche di quella che fino a ieri si era rite­nuta protetta, o quasi immune - come hanno di fatto determinato una mino­ranza di impren­di­tori, mana­ger, spe­cu­la­tori, e finan­zieri vari, vicinissimi al potere.
Che s’introduca una tassa sui grandi patri­moni, che si dia una bella sfor­bi­ciata alla pensioni più ele­vate, che si intervenga urgentemente nello stato sociale, fra ceti medi e popolari, che si difendano i diritti di chi vive di lavoro.
L’offensiva liberista dei mer­cati che sta deva­stando la società non è inarresta­bile: Tsipras ci sta provando, in Grecia.
Noi, proviamo a combatterla con Landini. Hai visto mai?

25 marzo 2015     (Alfredo Laurano)

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