Sabato ci sarà il battesimo ufficiale,
benedetto dalla piazza, della nuova coalizione di Landini. Anche se,
ammettiamolo, non sappiamo o non abbiamo capito bene cosa sia.
“Vogliamo
unire tutti quelli che il governo ha diviso, ma non siamo un partito”: ha detto e ripetuto il Fausto della Fiom.
Una forza di sinistra, un movimento di
opposizione, oltre il sindacato, che svolge la sua azione all’esterno del
Palazzo, nelle piazze, nelle fabbriche e nelle scuole. Fra gli operai e gli
studenti. Fra delusi, minoranze di partito emarginate e associazioni di
volontariato, antimafiose, come Libera o Onlus come Emergency. Proprio come una
volta, come quando c’era una Sinistra, più o meno extra-parlamentare. Maurizio
Landini vuole intercettare il clima di insoddisfazione sociale che pervade il
Paese.
“Discesa in piazza”, quindi, e una prima
occasione per mobilitarsi: la manifestazione del 28 marzo contro le politiche
economiche e sul lavoro del governo Renzi, a cominciare dal Jobs Act.
Non un partito, dunque, non una lista in
prospettiva elettorale, peraltro lontana all’orizzonte. Per imporsi come
riferimento dell’opposizione, sembra opportuno, se non obbligatorio per
Landini, restare fuori dai partiti. Fuori dal Parlamento
Da una parte la Lega di Salvini che raccoglie
consensi con la politica della paura, anti euro e antinvasione, dall’altra
l’eroica crociata quotidiana dei Cinquestelle contro la corruzione e i
privilegi della Casta. Landini sa di non poter presidiare tutta l’area della opposizione
al Renzusconismo e quindi deve trovare appoggi ed adesioni nella società
civile, tra i lavoratori, tra gli intellettuali, nel mondo della scuola e dei
pensionati. Cioè nella base tradizionale della Sinistra, sempre più frammentata
e indebolita.
Dopo la fine del PCI, in Italia non c’è molto
spazio, se non per quella moderata e democristianizzata, ben rappresentata dal
PD, o per forze destinate a svolgere un ruolo temporaneo di denuncia e
testimonianza, come fu per la perdente Sinistra Arcobaleno nel 2008.
Non che i partiti non servano, ma in
questo momento sono diventati così impopolari che farne uno nuovo non porterebbe
a nulla.
Salvo che non sia di destra e, cavalcando
l’onda dell’attualità, offra forme avvelenate di razzismo e populismo,
come fanno la Le Pen e, appunto, Salvini.
Il progetto Landini potrebbe rappresentare un
adeguato collegamento fra i fermenti della società, da sempre vivi e
sparpagliati alla rinfusa, e gli spazi della politica ufficiale. Una
ricompattazione sociale per riaffermare quei diritti alla base della nostra
Costituzione, che nemmeno Berlusconi era riuscito a smantellare, mentre ci sta
riuscendo il Pd di Renzi.
Lo strumento che può più aiutare in questo
arduo cammino è senza dubbio la parola: come, quando, dove, a chi e perché si
dice. Cioè, la comunicazione, in particolare, quella televisiva. Perché il
medium è il messaggio.
Come accade ormai da tempo: la TV, i suoi
effetti, i suoi contorni e le sue forme che si riflettono sul Web e sui Social
tutti i giorni. Dove vegetava perennemente Berlusconi a reti unificate e dove
vivono oggi Renzi, Salvini e la Santanchè. Una presenza fissa, quotidiana e
nauseabonda.
Il segretario Fiom l’ha capito e si sta
giustamente adeguando, con la sua passione coinvolgente e con le sue qualità
dialettiche di trascinatore travolgente.
Piazza e televisione, dunque, a partire dal
lavoro e dal sindacato come soggetto politico trainante che “se non fa politica è aziendale”.
La “coalizione sociale” di Landini, per ora,
è chiaramente una sfida alla deriva moderata del PD, ma non può non leggersi,
in prospettiva, sul piano politico ed elettorale, dove raccoglierebbe i disagi
interni di quel partito e attrarrebbe le liste alla sua sinistra.
E’ evidente il riferimento a Syriza, in Grecia,
e Podemos, in Spagna: formazioni di successo di sinistra, ma anche distinte da
una certa trasversalità. Come potrebbe diventare la “coalizione” politica di
Landini, schierata contro Renzi, il suo partito e il suo governo, alleato di
Confindustria, nel progetto di cancellare i diritti dei lavoratori: quindi, un
nemico da contrastare.
E’ una mossa a lungo attesa, quella di Landini
che dice basta alla cosiddetta crisi che scarica i suoi costi sui ceti
deboli - che sono ormai una larga parte della popolazione, anche di quella
che fino a ieri si era ritenuta protetta, o quasi immune - come hanno di fatto
determinato una minoranza di imprenditori, manager, speculatori, e finanzieri
vari, vicinissimi al potere.
Che s’introduca una tassa sui grandi patrimoni,
che si dia una bella sforbiciata alla pensioni più elevate, che si
intervenga urgentemente nello stato sociale, fra ceti medi e popolari, che si
difendano i diritti di chi vive di lavoro.
L’offensiva liberista dei mercati che sta devastando
la società non è inarrestabile: Tsipras ci sta provando, in Grecia.
Noi, proviamo a combatterla con Landini. Hai visto
mai?
25 marzo 2015
(Alfredo Laurano)
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