Un intervento duro, ironico e sprezzante,
forte nei toni e nel linguaggio. Forse troppo - come spesso accade ai “duri e
puri” a Cinquestelle - quello di Laura Castelli contro Matteo Renzi, durante il
dibattito alla Camera sul prossimo Consiglio Europeo: “Questo piano Juncker fa talmente pena che mi viene il dubbio l’abbia
scritto lei, presidente Renzi. Sembra che questo governo abbia infettato
l’Europa di una peste bubbonica”.
Mr. Arrogance, seduto al banco del governo, non
ascolta, non guarda, ridacchia, scambia biglietti con il ministro Poletti e con
altri deputati e la Castelli lo riprende: “Lei
viene in Aula per scambiarsi foglietti con gli altri colleghi, o per sfogliare
un libro, invece di ascoltare i deputati, e nemmeno alza la testa quando qualcuno
le parla. O sta leggendo le intercettazioni di Incalza? Se ancora una volta lei
ci parlerà di Tav, di Mose e di altre grandi opere, io le assicuro che è a
rischio lei e il suo governo. La magistratura andrà avanti a verificare come il
suo governo gestisce consulenze e soldi degli italiani”.
Parole amare, chiare, inequivocabili e
pungenti, ben lontane da metafore leziose o garberie retoriche.
Renzi scuote più volte il capo e gioca con il
suo smartphone.
E’ ormai evidente che considera i Cinquestelle
dei poveracci che abbaiano alla luna, degli utopisti dell’onestà: ne ha tutto
il diritto di pensarlo.
Ma non hanno alcun diritto e giustificazione
la sua consueta arroganza e la sua nota strafottenza.
Il suo atteggiamento è insopportabile,
maleducato e borioso. Da aspirante Onofrio, Marchesetto del Grillo, bagnato in
Arno e ornato di giglio sul mantello: “perché
io so’ io e voi nun siete…”
La giovane deputata - quella dell’altro
Grillo - parla con passione di illegalità, la sua ministrella Boschi, sempre
devota e accanto, mastica il chewingum, altri sono al telefono o leggono l’oroscopo
sui tablet, mentre lui - cotanto Presidente del Consiglio - la ignora ed è in tutt’altre
faccende affaccendato. Come fa con i sindacati, con l’opposizione e i cittadini.
Sberleffi e supponenza per coprire l’imbarazzo
e mostrare indifferenza: “a un palmo dal culo mio”, sembra voler significare.
Come, in effetti, si dice a Roma e diceva Pulcinella.
Con i suoi tic e le sue smorfie, per qualcuno,
l’Onofrio fiorentino sembra un modello perfetto per i musei di Madame Tussaud,
dove forse lo trasferiranno presto.
Dopo
esser passato, però, tra i pupazzetti delle bancarelle di S. Gregorio Armeno…
19 marzo 2015 (Alfredo Laurano)
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