Certamente, sul
piano mediatico - per ora - le rivelazioni del nuovo testimone Davide Vannicola,
fatte a Giulio Goria de le Lene sulla tragedia di Marco Vannini, sono piuttosto
shoccanti e scabrose.
Racconta delle
confidenze ricevute dal suo amico maresciallo Izzo - all’epoca comandante della
Caserma dei Carabinieri di Ladispoli - che avrebbe ricevuto una prima
telefonata dal Ciontoli padre, che gli chiedeva aiuto per “risolvere un guaio commesso dai suoi famigliari”. La risposta dello
stesso sarebbe stata quella di prendersi lui la colpa, visto che, facendo parte
de Servizi, non avrebbe subito pesanti conseguenze, preclusioni e condanne più di
tanto, mentre il figlio giovane …”
Una telefonata, fatta
addirittura prima della chiamata al 118 di Federico e annullata poi dalla madre,
mai messa agli atti e che, in quei pochi minuti, avrebbe potuto fare la
differenza tra la vita e la morte d Marco, se solo il maresciallo l’avesse
riferita ai sanitari.
Accuse che Izzo respinge
con fermezza.
Insomma, secondo
quando raccontato dal testimone, quella sera a sparare a Marco non sarebbe
stato Antonio Ciontoli, ma il figlio Federico.
Tra le altre
confidenze dell’amico carabiniere, il tardivo testimone Davide, artigiano che
produce borse a Tolfa, e sua moglie, parlano del rapporto d’amicizia tra Izzo e
Ciontoli, del maresciallo che lo avrebbe addirittura accompagnato nella sua
bottega per fargli acquistare una catana “con
una fondina dentro per la pistola”. Addirittura Davide avrebbe assistito a
una chiamata tra Izzo e Ciontoli nella quale il maresciallo dei Carabinieri
avrebbe detto “quando ci vediamo ti regalo la pistola”.
Appare ambigua ed inquietante
la posizione del maresciallo Izzo che, incalzato da Golia che gli evidenzia
qualche incongruenza, prende le distanze dalle affermazioni emerse: “La verità
processuale è un’altra”. Poi nega tutto.
Nega di aver
accompagnato Ciontoli a Tolfa per comprare la borsa dal suo amico Davide.
Nega tutti
i fatti riportati e ridimensiona il presunto rapporto di amicizia con lo stesso
Vannicola. Aggiungendo che “con Ciontoli
non ho mai preso un caffè”, in contraddizione con quanto dichiarato in aula
durante la sua testimonianza.
E poi, in chiusura
del servizio televisivo, quella ambigua frase a Golia: “Ne riparliamo tra quattro anni”.
Che sia in atto una guerra interna? Si domanda Golia.
E, con il “può darsi” di Izzo, cala, al momento,
il sipario di questa assurdo gioco delle parti.
A chi o a cosa credere,
quindi?
Alle risposte subdole
e sfuggenti, e quanto mai elusive, dell’impacciato comandante Izzo, che respinge,
con imbarazzo e fastidio, ogni presunta evidenza?
Alle nuove dichiarazioni
dell’artigiano tolfetano, arrivate dal nulla dopo quattro anni, e rivelate a un
programma televisivo – come, peraltro, è ormai normale e largamente in uso oggi
nel circo mediatico – e non all’autorità giudiziaria, agli avvocati di parte
civile o al PM? Che dette testimonianze siano state rilasciate in TV per puro esibizionismo,
per insana voglia di protagonismo di coppia (marito e moglie)?
Che siano entrambi
mitomani?
O che abbia prevalso,
alla fine, il caso di coscienza, un tardivo rigurgito morale che ha sconfitto
la paura di schierarsi contro un amico, contro un sistema di potere e di affrontare
conseguenze e possibili minacce o ritorsioni?
Ora se ne dovrà occupare
la magistratura e, soprattutto, la Cassazione.
(Alfredo Laurano)
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