Morire sul lavoro il
giorno della Festa dei Lavoratori, non è solo una tragedia umana e familiare,
ma anche un gioco macabro di un destino irrispettoso e a tutto indifferente.
E’ una cinica e
crudele presa in giro della nostra precarietà, una bizzarra parodia del caso,
che nulla considera e tutto contraddice: ogni comune logica, ogni effimera
razionalità, ogni gracile tentativo di indulgenza esistenziale. E’ una legge
inflessibile che non conosce eccezioni, che non fa sconti e non osserva feste o
ricorrenze.
Alessandro Ziliani,
muratore bergamasco di 50 anni, è infatti morto il primo maggio, schiacciato da
un enorme blocco di cemento che non gli ha lasciato scampo. Nonostante fosse un
giorno di festa, l'uomo stava operando in un'azienda agricola in provincia di
Piacenza.
Morire in un momento
in cui nel mondo si celebra solennemente l'importanza sociale e umana del
lavoro stesso ma, soprattutto, mentre si discute di tutela, protezione e
vigilanza nei cantieri, nei mestieri e nelle attività produttive, ha un che di
ulteriore beffa, di tragicomica congiunzione non del tutto casuale. Come fosse
voluta e premeditata.
Il paradosso, per
l’appunto, è che, nello stesso tempo, a pochi chilometri di distanza, Maurizio
Landini, segretario generale della Cgil, dal palco di piazza Maggiore a Bologna
sbraitava e richiamava, ancora una volta, l'attenzione sulla sicurezza e la
prevenzione nei luoghi di lavoro: "La
sicurezza che vogliamo in questo Paese è quella di non morire sul lavoro".
Ma la tragedia
piacentina non è stata l'unico incidente grave sul lavoro che ha funestato il
primo maggio: a Gragnano due operai sono caduti dal quinto piano di un'abitazione
nel palazzo, dove stavano lavorando per una ristrutturazione. Sono sotto
osservazione ma non rischiano la vita. Un altro, a Forlì, è stato invece
travolto da un muletto all'aeroporto. È ricoverato in prognosi riservata. E nel
palermitano, un muratore di 62 anni è morto cadendo da un balcone che stava
ristrutturando.
Sono, comunque,
sempre troppi e insopportabili gli omicidi e le “morti bianche”, dovuti a
incidenti sul lavoro, spesso causati dal mancato rispetto delle norme di
sicurezza. Quasi fosse genetico, per esempio, rischiare di cadere da un
ponteggio o essere travolto da
un muro o da una gru.
Soprattutto, quando,
ancora oggi, sembra essere più normale investire per aumentare i guadagni,
piuttosto che spendere in termini di prevenzione, manutenzione e sicurezza.
Non si può e non si
deve morire di lavoro.
(Alfredo Laurano)
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