Dal
Ultimo tango a Parigi, film scandalo del 1972 che ha segnato un’epoca, a
capolavori come Novecento, Il tè nel deserto, Piccolo Buddha e L'ultimo imperatore,
il film da nove Oscar: Bernardo Bertolucci è morto oggi, all'età di 77, anni
dopo una lunga malattia, nella sua casa di Trastevere a Roma.
E’
proprio Novecento, la pellicola con cui giunse alla notorietà, nel 1976, che mi
affascinò e me lo fece apprezzare molto più del discusso Tango parigino.
Un
aspro affresco delle lotte contadine emiliane che racconta cinquant’anni di
storia padana, a tratti potente, audace e ambizioso, a tratti poetico e commovente,
con un sontuoso cast internazionale, da Robert De Niro e Gérard Depardieu, da Burt
Lancaster fino a Stefania Sandrelli, da Alida Valli a Dominique Sanda, da Laura
Betti a Donald Sutherland in un turpe, fascistissimo duo.
E’
una rappresentazione elegiaca, mitica e sociale, ma anche eroica, tragica e
crudele quella che Bertolucci disegna con l’epica grandiosa del suo Novecento: un
groviglio di passioni e contraddizioni nel mondo proletario, portatore di una
“cultura” verace e primitiva, sparsa a piene mani e senza sconti, nelle scene
madri, collettive, intime e sentimentali: l’approccio è sempre fin troppo
istintivo, spontaneo e naturale.
Le
due vite contrapposte e intrecciate del contadino Olmo (Depardieu) e del ricco
latifondista Alfredo (De Niro) sono al centro di un poderoso romanzo popolare,
che sopravanza la cruda ideologia: la storia dell’Emilia, un po’ comunista e un
po’ fascista, che si sviluppa intorno alle vite vicine, intrecciate, ma contrapposte
per destino e appartenenza sociale, dei due amici d’infanzia, entrambi nati lo
stesso giorno, all’alba del secolo, in cui muore Giuseppe Verdi.
Due
atti: il primo va dal 1900 all'avvento del fascismo, il secondo si conclude con
le lotte comuniste del dopoguerra e la liberazione: in mezzo c’è di tutto, c’è
la storia italiana di quel tempo e il magnifico paesaggio della campagna
parmense, esaltato dalla fotografia di Storaro.
Bertolucci
mette in scena mezzadria e rivoluzione, sentimenti e solidarietà; dispiega
bandiere rosse, grandi come case, e dipinge fascisti cattivi e pervertiti. Realizza
uno spettacolo ipnotico e avvincente, maestoso e suggestivo che non dà tregua, che
non lascia indifferenti.
Come un travolgente melodramma, come un’opera non a
caso verdiana, tutta impeto e passione. Grazie Bernardo.
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