Nel
recente viaggio in pullman con destinazione Tirano, dopo aver costeggiato a
lungo il lago d’Iseo, abbiamo incontrato vari comuni della provincia di Brescia
e Sondrio, come Malonno, Sonico, Edolo, Corteno Golgi, Aprica.
E’
l’area più settentrionale della Lombardia, confinante con la Svizzera
(Cantone dei Grigioni), costituita dalla splendida Valtellina - ampia regione
alpina, ideale confine tra nord e sud Europa - dalla Val Camonica e dalla
Valchiavenna. Fiumi, torrenti e laghi alpini sono una costante di queste valli
e del paesaggio valtellinese. Le Alpi Retiche, a nord, raggiungono quote
elevate, fino ai quattromila metri del pizzo Bernina.
E
dalle vetrate di quel nostro pullman, tra quei monti e quei tornanti, abbiamo
visto da vicino le conseguenze drammatiche della furia naturale. Abbiamo
assistito a uno scempio senza fine, che si è consumato solo pochi giorni fa:
migliaia e migliaia di alberi sradicati dalla forza del vento, crollati l’uno
sull’altro, come birilli impazziti, come fiammiferi o come i sottili bastoncini
dello Shangai. Interi boschi distrutti dalla tempesta.
Qui
e nei territori più coinvolti, in varie parti d’Italia, sono consistenti i
danni a case e aziende, con tetti scoperchiati, cascinali crollati, campi
seminati allagati, frane, smottamenti, esondazioni, interruzioni stradali,
serre e tunnel distrutti e ricoveri per animali e attrezzi rovinati.
Il
forte maltempo delle scorse settimane ha cambiato il paesaggio anche di queste
zone, come una guerra, come dopo il passaggio di un uragano o uno tsunami.
Si
ritiene che siano 300 mila gli alberi ad alto fusto schiantatisi a terra o spezzati
dalle raffiche di vento violentissime, il 10% del patrimonio boschivo di
Lombardia, Veneto e Trentino.
Un disastro di ingenti proporzioni, uno
spettacolo umiliante che fa male agli occhi e al cuore. Chissà
come e quando saranno tagliate e portate via tutte le piante uccise o
danneggiate, quando saranno messi in sicurezza i versanti ripidi disboscati e
smaltita e recuperata quella massa legnosa enorme?
Intanto,
nel bosco di Paneveggio, vicino Trento, un gruppo di orchestrali si è riunito
per suonare una preghiera musicale per quella terra boschiva martoriata,
costituita da abeti rossi (quasi il 90% degli alberi), associati all'abete
bianco, al larice e al pino cembro alle quote superiori.
Si
racconta che Antonio Stradivari, il più famoso costruttore di violini del
mondo, venisse sin quassù dalla sua Cremona, e con lui tutti i più bravi
maestri liutai, alla ricerca degli alberi più idonei alla costruzione dei suoi
strumenti: abeti rossi plurisecolari il cui legno, grazie alla sua particolare
capacità di "risonanza", forniva la materia prima ideale per la
costruzione delle casse armoniche: un legno, particolarmente elastico, che
trasmette meglio il suono, perché i suoi canali linfatici sono come minuscole
canne d'organo che creano risonanza.
Per
questo gli alberi vengono abbattuti in luna calante, tra ottobre e novembre,
quando nel tronco c'è minor quantità di linfa.
Ma,
stavolta, non è andata così, è stata una sorta di nemesi naturale, un castigo
che vendica le colpe, gli abusi e le ingiustizie di cui si macchia l'uomo nei
confronti della natura stessa. E'
stato un vento a 200 chilometri orari, che li ha abbattuti, facendone una
strage.
Uno
sterminio di potenziali, pregiatissimi violini
(Alfredo Laurano)
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