Sul
piazzale della stazione, sotto un cielo bigio, ci aspetta il pulmino taxi che
in pochi minuti ci accompagna a Monselice (Mons silicis-Monte della pietra),
roccaforte medievale e centro urbano grazie ai Longobardi.
Il Cà Marcello ci ospita nelle sue camere spaziose come piazze, piene di letti e soppalchi, anche, volendo, per famiglie numerose. La sera, con amici e parenti veneti, tutti da Gigi Pipa, pizzeria con orto e farine bio, nella vicina Este.
La mattina dopo, sotto un’acquerugiola minuta e lenta, alle cinque e venti, ci accomodiamo sull’elegante pullman arancio che ci porterà a Tirano, a due passi dal confine svizzero. Attraversiamo valli e paesi, costeggiamo il lago d’Iseo e grandi boschi devastati dal recentissimo maltempo. Stragi infinite di alberi innocenti, abbattuti senza pietà, come guerrieri inermi, caduti sotto il furore di un invisibile e inattaccabile nemico: uno spettacolo triste che fa male al cuore.
Siamo
in Alta Valtellina, in provincia di Sondrio, patria di pizzoccheri, bresaole e
sciatt (frittelline di formaggio), nonché di Sassella, di Grumello e di
Sfurzat, vini nati lì per assecondarli.
Sul
piazzale di Tirano, le due stazioni: quella italiana e quella retica. Dalla
seconda, alle tredici, parte il Bernina Express, meta effettiva del nostro
lungo viaggio.
Il
Trenino Rosso del Bernina è un capolavoro di ingegneria. Il suo percorso è il
tratto ferroviario a ruota libera più alto d'Europa, costruito all'inizio del 1900
da oltre 2mila operai.
Sessanta
chilometri di scorci sorprendenti, che si snodano dai 430 metri di Tirano in
Valtellina, fino a St. Moritz in Engadina, attraversando il passo del Bernina a
2.253 metri di altezza.
Dal
2008 è stato inserito dall’Unesco fra i patrimoni mondiali dell’Umanità.
Il
Rosso del Bernina è considerato il trenino più bello del mondo, perché i suoi
binari, che attraversano i morbidi colori del verde, del blu e del bianco,
portano il viaggiatore a toccare quasi il cielo.
Il
paesaggio che scorre davanti è un palcoscenico naturale che lentamente muta ad
ogni curva della ferrovia, con ritmo blando, pigro e quasi senza tempo. Ma non
è solo la natura che si fa ammirare, è anche la ferrovia stessa a dare
spettacolo.
E’
come un grande plastico ferroviario, curato nei contorni e nei dettagli, con
angoli da fiaba avvolti dal silenzio: casette, villaggi, stazioncine, laghetti,
cascatelle, prati e mucche al pascolo, ma anche gallerie e viadotti elicoidali,
con pendenze a tratti impressionanti, come quello di Brusio, che permette al convoglio
di superare agilmente un forte dislivello.
E
tanta neve, tanto bianco e tanta, troppa nebbia, nel nostro caso, man mano che
si sale.
Il
Trenino Rosso si inerpica su montagne innevate, con una bellissima vista,
quando la bruma lo consente, su quelle che arrivano fino a quattromila metri,
confondendosi, appunto, con il cielo. Senza soluzione di continuità, nel tempo
e nello spazio, in un lontano e unico scenario che sa quasi di infinito.
Dal
lago di Poschiavo alle Marmitte dei Giganti (formazioni rocciose) di Cavaglia,
dal superbo panorama di Alp Grum ai laghi Nero e Bianco nei pressi della
stazione Ospizio Bernina, dal ghiacciaio di Morteratsch a Pontresina, il rosso
convoglio arriva a St. Moritz, nota località dei Grigioni, a 1856 metri.
E’
la città del lusso, il paradiso bianco dei ricchi e per ricchi.
All’uscita
delle scale mobili, l’area pedonale: solo negozi firmati, hotel stellatissimi,
gioiellerie, nomi del jet set e dell’inutile “bel mondo”. Un caffè al bar costa
soltanto cinque euro, al banco.
San
Maurizio è una città fredda, spettrale e all’apparenza disabitata: in strada
solo turisti infreddoliti che leggono le insegne prestigiose, ma guardano il
lago e i magnifici palazzi.
Pregevoli
i mosaici del sottopasso pedonale della stazione ferroviaria, realizzati con
tecnica digitale, utilizzando due milioni di tessere, che riproducono immagini
storiche della linea del Bernina.
Il
nostro pullman ci aspetta all’uscita dei mosaici e ci riporta a una realtà a
noi più usuale e congeniale, senza rimpianto alcuno per quel paesotto finto e
insignificante come un reality, dove molti forse non sanno di vivere,
all’insaputa, in una specie di Truman Show.
Dopo
aver percorso tornanti vari e lo strettissimo tunnel Munt
La Schera (a misura di pullman, che ci passa al centimetro), con transito a
senso unico alternato e pedaggio di 89 euro, arriviamo all’hotel Margherita di
Livigno, all'interno del Parco Nazionale dello Stelvio. Una buona
cena e tutti a nanna nelle calde stanze dell’albergo.
La
mattina dopo, compare timidamente il sole che trafigge con pudore i cumuli di
neve e ghiaccio sui tetti e ai lati delle strade.
Livigno, soprannominata “il piccolo Tibet” per la sua morfologia, oltre ad essere il comune più a nord della Lombardia (1816 m.), sfiora la Svizzera, con cui condivide un valico montano.
Tra
i comuni più alti è il più popoloso, ma anche il più freddo: d’inverno qui e
nella sua vicina frazione di Trepalle (2250 m.), si può arrivare a -40 gradi.
Ma
oggi non è freddo e tutti i gitanti si riversano per lo shopping nelle vie
della cittadina, che gode dello status di zona extradoganale: alcolici,
profumi, orologi, cellulari, computer e, per chi è in macchina, il pieno di
carburante.
Anche
se porto franco, occorre rimanere entro i limiti stabiliti dalle tabelle normative:
a Trepalle la Finanza controlla con dovuta discrezione.
Pranzo
tipico a base di pizzoccheri e partenza per il ritorno a Monselice, Padova e
Rovigo.
E’
piuttosto lungo il viaggio di rientro, tra pioggia, nebbia e i soliti tornanti.
Soprattutto
per noi che, il giorno dopo, dobbiamo riprendere il Frecciarossa per la
capitale.
Nonostante
il lungo percorso, i tanti chilometri macinati in treno e pullman, il tempo
grigio di stagione e la fitta nebbia che ha impietosamente cancellato la
straordinaria bellezza del paesaggio del Bernina, resta il sapore di
un’esperienza affascinante nel cuore delle Alpi e l’emozione che, in ogni caso,
ha saputo suscitare.
Un
ringraziamento alla Cam Viaggi per la perfetta organizzazione, per la qualità
dell’offerta e delle scelte, per la simpatia e la competenza
dell’accompagnatore Davide e del bravo autista Claudio, attento e premuroso.
(Alfredo Laurano)
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