domenica 25 novembre 2018

NON È NORMALE CHE SIA NORMALE


Un ennesimo corteo di migliaia di donne, da Piazza della Repubblica ha sfilato ieri a Roma, fino a piazza di Porta San Giovanni, per dire, ancora una volta, basta alla violenza sulle donne. Una marcia ad alta voce in una data simbolica, perché oggi, 25 novembre, si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, voluta dalle Nazioni Unite.
Queste manifestazioni, che si ripetono con frequenza in occasioni varie, non hanno molto senso dal punto di vista dei risultati, degli effetti e delle possibili conquiste. Non cambiano granché lo stato delle cose.
Ma lo hanno, tuttavia, per ricordare la drammatica normalità della condizione femminile, per tener viva l’attenzione popolare, degli uomini, delle istituzioni - troppo spesso, assenti, insensibili o latitanti - e delle stesse donne, in molti casi, vittime designate e rassegnate di una società patriarcale e sessista, che ancora non è in grado di rispettarle, proteggerle, tutelarle, far rispettare i loro diritti, le loro pari opportunità.
Lo hanno, soprattutto, per far conoscere ai distratti e agli indifferenti, gli spaventosi numeri di questa tragedia senza fine, a base di stupri, sfregi, abusi, umiliazioni, vendette, femminicidi, malvagità d’ogni tipo.

Centosei palloncini rosa sono stati alzati in cielo per ricordare le donne morte solo quest’anno, a causa della violenze subite da uomini, repressi, gelosi e possessivi.
Ogni 72 ore, una donna viene uccisa, soprattutto da mariti, compagni e fidanzati.
Tremila donne sono morte dal 2000 per mano, quasi sempre, di ardenti compagni o familiari assassini, che “le amavano troppo”.
Sono numeri alti, crudi, tremendi, ma che non riescono a dare il senso della tragedia umana che ognuna di quelle morti, ognuno di quegli abusi porta con sé.

“Stiamo uccidendo, violentando, un'intera generazione di donne, ha detto Maurizio Martina, e la questione ha una radice culturale antica, difficile da estirpare. Dalla stessa radice nascono erbe infestanti come le differenze salariali tra uomini e donne, la preclusione di carriera al femminile, l'abbandono del lavoro dopo la maternità”.
In breve, è la disuguaglianza di genere, accettata troppo spesso dalle stesse donne e tollerata dal sistema.
Il grido di piazza di oggi è un segnale da coltivare intensamente: pari diritti, per non accettare più l'offesa. Per non sopportare più la brutalità, la rabbia e la furia del maschio primitivo e prepotente.
Per sconfiggere e cancellare una mentalità, che confonde l’amore con il possesso, di cui la violenza è la conclusione più estrema.
Perché “Non è normale che tutto questo sia normale”.
 (Alfredo Laurano)


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