LocoMontiva Italia 7 dicembre 2011
Per restare nella sua stessa metafora
“del treno in corsa che stava
deragliando”, su cui è salito al volo Mario Monti, spinto dall’ex
opposizione e dall’ex maggioranza (meno
i padani ricoverati nel loro padano parlamento), non va dimenticato
che, mentre la prima lo avrebbe spronato, incoraggiato e sostenuto comunque – pur di cancellare i lunghi anni della signoria berlusconiana – l’ex sconcio
regime ha preteso, anche da fuori e
apparentemente senza più potere, che il neo conduttore-governatore pagasse un adeguato biglietto per
prendere e guidare quel treno: quello del vile ricatto politico (altrimenti,
“pronti a staccare la spina”).
Per salvare la locomontiva Italia, tutto poteva
e doveva fare il macchinista, meno che pensare a una insana patrimoniale e a una stupida lotta all’evasione fiscale,
scelte che da sole sarebbero forse bastate al salvataggio stesso e apprezzate
dai più. Ma i ricchi amici di quella
destra, che così bene li rappresentava e li salvaguardava prima, andavano protetti e risparmiati ora da
quelle odiose tasse sul privilegio e sul
possesso, che i feroci bolscevichi di casa nostra invocavano all’unisono.
Quei pochi (10%) che detengono il 50% della ricchezza nazionale devono (o
magari dovrebbero) pagare soltanto le
stesse imposte previste per tutti gli altri cittadini, compresi quelli a
reddito più basso o da fame: lavoratori, pensionati, precari, famiglie,
artigiani e monoreddito.
Quando
si dice giustizia sociale!
Affermava don Milani:“Non c’è nulla di più ingiusto che dividere
in parti uguali fra disuguali” (Dare più scuola a chi ne ha più bisogno, ossia far pagare meno
chi ha meno).
E così, dandola “calda” ai tanti ingenui che credevano o speravano
nell’equità della manovra, certamente necessaria per non precipitare, ha gettato un po’ di fumo agli occhi ai poveri illusi di sinistra chiedendo
qualche euro in più a tutti noi che abbiamo l’elicottero parcheggiato nel cortile e abbiamo felicemente riportato
dall’estero i nostri sudatissimi “risparmi”, già scudati, al minimo
sindacale.
Dietro questo pochissimo fumo, la
tanta sostanza del vero arrosto “al sangue”: la stangata sulle pensioni,
rinviate fino ai sintomi dell’Alzheimer e senza alcuna gradualità o
attenzione al lavoro precoce e usurante; il
blocco della indicizzazione sulle stesse, già erose e taglieggiate senza
pietà dall’inflazione, e di certe carriere di docenti e statali; il calcolo contributivo per tutti; l’ Imu sulla
casa con cospicuo aumento delle rendite catastali - che penalizza fortemente chi ha fatto sacrifici e mutui per
comprarla, ma non chi le colleziona e ci specula – l’aumento dell’iva e della benzina che
renderà più cari i consumi massa e farà gonfiare il nero.
E’ vero che super Mario ha
trovato un paese allo sfascio, abbandonato a se stesso dall’ignavia,
dall’incapacità e dal menefreghismo berlusconiano; che il sistema collassava e
andava rifondato, che la situazione economica e finanziaria è terribile e che la
locomontiva, che ha preso a guidare, arranca e ha finito il carbone.
E’ anche vero che i suoi compagni di viaggio sono tecnici
seri e competenti e non cialtroni come chi li ha preceduti. E che i tempi sono stretti!
Ma
un qualche timido segnale poteva mandarlo agli italiani “brava gente”, per incoraggiarli a soffrire e sopportare, e non solo all’Europa e ai
Mercati. Pur cedendo all’inevitabile, infame ricatto!
Qualcosa di meno neoliberista era
certo in grado di farlo!
Quantomeno, bloccare o ridurre le enormi spese militari (ultimi acquisti di aerei per 16 miliardi), far pagare l’Ici alla Chiesa sui suoi tanti
immobili che ne sono esenti, solo perché hanno un crocifisso in bella
mostra anche su hotel ed edifici commerciali, alzare la tassazione sui capitali già scudati da Tremonti e sulle rendite e transazioni finanziarie, ridurre costi e privilegi della politica e
della Casta.
E la crescita, la ripresa? Non si
vede all’orizzonte nuova, possibile occupazione (più a lungo restano i vecchi, meno entreranno i giovani e mai
andranno in pensione), diminuirà il potere d’acquisto e, di conseguenza, freneranno i
consumi. A monte, inevitabilmente, si fermeranno produzione e investimenti.
Da tutto ciò discende che la manovra della disperazione, oltre ad
avere una connotazione antipopolare e classista, è spietata e non votata
all’equità, non offre spiragli futuri di rinascita e non rimette in moto
l’economia, almeno per ora. E, come molti pensano, così l’avrebbe potuta fare
chiunque, anche PioSilvio se ne avesse avuto il tempo, fra una mignotta e
l’altra, salvando per la faccia pure l’Ici!
Comunque, liberiamo e rimuoviamo
al più presto la grossa frana sui binari, poi, forse, speriamo, auspichiamo… il
treno potrà ripartire fischiando e sbuffando. Sarà!!
7 dicembre 2011
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