150°, L’UNITA’ DEI NUOVI MILLE 16 marzo 2011
Non so e non
credo ci sia molto da festeggiare per il 150° dell’unità d’Italia che, di
fatto, a tutt’oggi non esiste, se non, ogni quattro anni, in occasione dei
mondiali di calcio.
Al nord i leghisti escono dall’aula consiliare quando si accenna l’inno nazionale e oltraggiano la bandiera ad ogni occasione. Considerano, ancor oggi, il sud terra di parassiti, di incapaci, di ignoranti, sporchi e briganti. Amano e riconoscono solo la loro Padania! Efficiente e produttiva, razzista e secessionista. Adorano i loro simboli, il sole delle alpi, le croci di S. Giorgio, le cravatte e i fazzoletti verdi. Ignorando o dimenticando che i loro avi erano la maggior parte dei “Mille” e combattevano con i sabaudi per colonizzare e annettere il meridione o per cacciare lo straniero.
Al nord i leghisti escono dall’aula consiliare quando si accenna l’inno nazionale e oltraggiano la bandiera ad ogni occasione. Considerano, ancor oggi, il sud terra di parassiti, di incapaci, di ignoranti, sporchi e briganti. Amano e riconoscono solo la loro Padania! Efficiente e produttiva, razzista e secessionista. Adorano i loro simboli, il sole delle alpi, le croci di S. Giorgio, le cravatte e i fazzoletti verdi. Ignorando o dimenticando che i loro avi erano la maggior parte dei “Mille” e combattevano con i sabaudi per colonizzare e annettere il meridione o per cacciare lo straniero.
Per “fare
l’Italia”. Per unire l’Italia! E non per creare la Padania indipendente, la
repubblica di Arcore o Pontida.
Dopo un
secolo e mezzo, D’Azeglio non ha ancora trovato alcuna soddisfazione al suo
programma e al suo auspicio, lanciato a caldo, appena fatta l’unità.
Ma non solo
non si son fatti gli italiani - in senso civico, sociale, educativo e di
coscienza -ma nemmeno l’Italia nazione.
O, meglio,
l’Italia e gli italiani sono “fatti”, anzi, strafatti e assuefatti di
quotidiana e massiccia droga mediatica,
di insipienza politica, di crisi economica e disoccupazione, di precarietà, di deriva populista che induce alla indifferenza
e al qualunquismo.
Delusi, scontenti, impotenti e arcorizzati.
Alla faccia
dei Borbone e delle due Sicilie che qualcuno ancor’oggi rimpiange per
l’operosità e lo sviluppo industriale dell’epoca, per la pace sociale e i fermenti culturali.
Come pure rivaluta i tempi assai poveri e difficili dell’ultimo
dopoguerra. Quando la vita nella neonata repubblica era semplice e senza grandi
pretese. Condita col sudore del duro lavoro e scandita da impegno, sacrificio e
solidarietà. Ma, allora, ancora piena di speranza e prospettive. Scarse
risorse, niente certezze, tutto da fare
e da ricostruire, ma pane e libertà, appena riconquistata, per tutti e fiducia
nel “sol dell’avvenir”.
Sviluppo
industriale, boom economico fittizio, libero mercato, miraggio tecnologico,
abuso dei media, scandali,corruzione e malgoverno della cosa pubblica hanno
però portato al Paese di oggi: sbandato e approssimativo, immorale e corrotto, incivile, malato e sempre diviso.
Come dicevo sopra, fatto e strafatto di ingiustizia, diseguaglianza, discriminazione
e di tanti e sfacciati privilegi per pochi. Che non investe in cultura, mortifica
il lavoro, non rispetta ancora le donne, non offre opportunità ai giovani e alle
famiglie, non crea futuro.
Ma almeno
una parte di questa odierna Italia, che non è solo il paese “do sole”, della
pizza e mandolino, della mafia e del bunga-bunga, non ci sta. Non accetta di
essere ancora:
“Ahi serva Italia, di dolore ostello,nave senza
nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” (Dante, Purgatorio Canto VI)
Si mobilita
e scende in piazza per i diritti, il lavoro, la dignità, la Costituzione. Si scuote dal torpore surrettiziamente indotto
dal potere e si organizza da tempo per vivere un’altra Resistenza e inventare
un neo-Risorgimento. I nuovi “Mille” con
le camicie rosse, e anche viola, di
“basta” e di vergogna. Senza moschetto,
ma con i libri e coi cartelli in mano.
Per non essere più derisa e ridicola agli occhi del mondo intero, ma
apprezzata per la sua bellezza, amata per
i suoi miti e i suoi grandi, per l’arte e per il suo immenso patrimonio
culturale. Per ricostruire la sua vera e giusta immagine che la Storia le ha
disegnato, in un contorno nobile che da
sempre le appartiene.
E’ questa
l’Italia che voglio festeggiare, dall’antichità di Roma ai giorni nostri,
ricordando e ringraziando i tanti giovani “patrioti” del Risorgimento, sognatori e popolani, borghesi e contadini,
del nord e del sud, che hanno spontaneamente lottato e sacrificato la propria
vita per la libertà, la giustizia e l’unità di un paese frammentato e appena disegnato, in nome di un ideale che
oggi suona anacronistico e resta chiuso nell’utopico cassetto.
Quasi fosse
ignobile vergogna!
Auguri
Italia! Pur fra le tante luci e ombre di quel tempo.
16 marzo 2011 AlfredoLaurano
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