L'arrivo della superperizia
potrebbe dare risposta al quesito che ancora assilla i genitori della vittima e
tutti quelli che seguono, con ansia e trepidazione, la vicenda: Marco Vannini
poteva essere salvato? Ovviamente, la difesa degli imputati propende per il no,
per attenuare le colpe degli stessi.
Premesso, comunque, che
nessuno potrà mai dare, in via assoluta e certa, una risposta positiva o
negativa a tale dubbio - non avendo alcuna controprova, né alcuna totale
legittimità scientifica - mi domando, come tanti altri cittadini, che differenza faccia, in ogni caso, di
fronte a un comportamento così chiaramente omicidiario e responsabile di
omissione di soccorso, oltre la dinamica dei fatti occorsi?
Cosa si vorrebbe poter
dimostrare: che, se Marco si poteva salvare, i Ciontoli sono colpevoli e da
condannare; se invece non poteva salvarsi, in alcun caso, i Ciontoli sarebbero
innocenti e puri?
Al di là di questo
indisponente sillogismo da due soldi e a parte l’evidente fatto che il clan dei
Ciontoli non poteva sapere nulla di tutto ciò, non possedendo alcuna competenza
medica o teorica perizia in materia - le mediocri capacità professionali della
incapace ”infermiera” Martina sono state, peraltro, già valutate e bocciate in
sede di deposizione - quella gente se
n’è fregata di salvarlo, di chiamare immediatamente i soccorsi, di portarlo
subito, anche in braccio o sulle spalle all’ospedale.
Non è stato un colpo di
pistola ad uccidere Marco, ma la loro scellerata condotta disumana,
incomprensibile e inaccettabile, che lo ha portato alla morte.
Come ha detto anche mamma
Marina, nessuno di loro ha mosso un solo dito per salvargli la vita, lo hanno
lasciato agonizzante per ore prima di decidersi a chiamare un'ambulanza.
Non è stata quindi una tragica
fatalità, ma un’azione lucida e cinica di depistaggio e di palese manipolazione
delle prove.
Per tutto questo, non serve
alcuna superperizia, ma solo il
riconoscimento di una super colpa.
5 novembre 2017 (Alfredo Laurano)
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