"Non gioisco, ma non perdono. Da parte sua, mai nessun segno di redenzione", ha detto Maria Falcone, sorella di Giovanni, ucciso a Capaci, mentre Salvatore Borsellino aggiunge: "Scompare altra cassaforte della verità".
Anche il capo dei capi, Totò 'u curto', il boss che fece la guerra allo Stato, uno dei capi più feroci e spietati di Cosa nostra, è morto.
Se ne è andato con i suoi 87 anni, i suoi 26 ergastoli e con il suo 41 bis, dopo 24 anni latitanza e 24 di carcere. Dopo aver trascorso una vita a togliere quella degli altri, di tanti altri.
Diventato il Capo della Mafia ufficiale, la sua furia omicida si è abbattuta inesorabilmente sui magistrati, sui politici siciliani, sui giornalisti, sulle forze dell’ordine e su inermi cittadini.
Non si è mai pentito, anzi ha continuato anche in carcere a comandare e a minacciare.
La belva lascia come testamento, una lunghissima scia di sangue e l'uccisione di almeno cento persone, con cui ha macchiato la Storia di questo Paese.
Anche se sui Social, qualche selvaggio ha il coraggio di scrivere: "Totò sempre nel mio cuore, un grande uomo d’onore… come lui oggi non esistono più, l'unico in grado di gestire veramente l'Italia per anni", nessuno lo perdona, nessuno lo piange, né lo rimpiangerà, perché la morte, al di là della legge e dei sentimenti, è democratica e fa sempre giustizia nel mondo degli umani e dei disumani.
17 novembre 2017 (Alfredo Laurano)
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