E’ inutile negarlo, il calcio non è soltanto un gioco in mutande e col pallone, è un modo d’essere, di vivere passioni ed emozioni; una risorsa collettiva capace di far dimenticare problemi e situazioni difficili e personali, di far partecipare socialmente a un confronto di storie e campanili, di rappresentare una comunità e una nazione, con i suoi tanti vizi e le sue poche virtù.
Ma è anche, qualcosa che coltiva e propaga, almeno in teoria e sulla carta, principi e valori sani, come la forza d’animo, la lealtà, il sacrificio, il rispetto, l’amicizia. Soprattutto ai giovani e ai bambini, che si identificano nel campione, nella squadra del cuore, nei propri colori e crescono sani, lontano dalle brutture della società. Sul piano più concreto e reale, dove e quando prevalgono interessi e risvolti di altra natura - soprattutto, economici e politici - la trasmissione di questi concetti e idealità è assai diversa e, spesso, inesistente.
Dentro o fuori dai Mondiali, comunque, era un dilemma a cui non saremmo mai dovuti arrivare, che nessuno avrebbe pensato essere possibile.
Torniamo indietro di 60 anni. Il campo ha detto: niente Mondiali, ed è giusto così. Non siamo stati capaci di battere la modesta Svezia, di segnare un solo gol in quasi duecento minuti, di imporre la nostra presunta superiorità tecnica, nonostante arbitri e sfortuna. Per tutto questo, l’eliminazione è una bufera che travolge non solo la Nazionale, ma l’intero sport e il popolo italiano.
Un panorama triste del nostro calcio, come le lacrime amarissime di Buffon e di tutti gli altri, che raccontano da sole il clamoroso fallimento azzurro e dei responsabili di questa nazionale - che non ha mai brillato e che aveva già deluso contro la Spagna, ma anche con l'Albania e la Macedonia - e di certe scelte tecniche sconsiderate e incomprensibili.
Una squadra senza un gioco credibile e senza fantasia, formazioni e moduli sbagliati, strategie scontate e prevedibili, decisioni e sostituzioni insensate, qualità messe da parte o colpevolmente dimenticate.
Solo un orgoglioso assalto azzurro all’arma bianca, disordinato e inconcludente, costituito più da iniziative individuali che da un’idea di gioco che il CT Ventura non è mai stato in grado di dare a questa Nazionale. Né ha aiutato i giovani che faticano a crescere accanto ai senatori, anche se mancano i Tardelli, i Baggio, i Totti, i Del Piero di una volta.
Come diceva il mitico Bartali: ”l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare!”
Certo, in tali precarie condizioni, non saremmo andati lontano e, magari, ci avrebbero cacciati al primo turno, ma almeno la Russia l’avremmo vista da vicino.
(Alfredo Laurano)
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