Anche se la TV è ancora il mezzo di comunicazione
più seguito in Italia - ne fruisce, in varie forme, il 95,5% della popolazione -
ad essere connessi alla Rete, secondo il
rapporto Censis, sono i tre quarti degli italiani che accedono con sempre più
frequenza a Whatsapp, Facebook, Youtube , Instagram: piattaforme digitali
sempre più visuali, di anno in anno, nei formati e nei contenuti.
La mutazione antropologica di cui parlava
Sartori sembra essere definitivamente compiuta.
Per l’Homo videns le cose
raffigurate in immagini contano e pesano più delle cose dette in parole.
L'avvento della televisione ha
determinato, appunto, il passaggio da Homo Sapiens a Videns, passaggio che non
segna un'evoluzione ma, piuttosto, un'involuzione. Per la prima volta nella
storia, l'immagine prevale sulla parola, andando a mutare completamente la
comunicazione e i meccanismi di comprensione tra gli esseri umani. Il
predominio dell'immagine ha minato il cosiddetto pensiero astratto e l'attività
simbolica propria dell'essere umano. L'Homo Videns, per Sartori, è quindi
regressione, atrofizzazione intellettuale e incapacità di distinguere virtuale
da reale e vero da falso.
Nel panorama mediatico
ridisegnato da internet, sempre secondo il rapporto Censis, lo spettatore
italiano è onnivoro, autarchico è lucido.
In un contesto in vorticosa
evoluzione, tiene bene la radio (59,1%), forte del fatto che non richiede mai
all’utente un’attenzione esclusiva: chi ascolta, nel frattempo, può fare anche
altro.
A “soffrire”, invece, sarebbe
la fruizione di tutto ciò che si basa sulla parola scritta: il 55,1%, più
della metà degli abitanti del nostro Paese non avrebbe di fatto più
contatti con i mezzi a stampa.
La variazione positiva
dell’uso di Internet negli ultimi dieci anni ha coinciso, simbolicamente, con
quella negativa registrata dai quotidiani.
A consultare i quotidiani
cartacei almeno un paio di volte a settimana sarebbe il 35,8% e solo la metà li
leggerebbe almeno tre volte in sette giorni. In diminuzione anche la
lettura di libri, che nel 2017 coinvolgerebbe solo il 43% degli
italiani, un dieci % in meno in quattro anni.
Alcuni passaggi del rapporto
Censis sembrano sposare convintamente l’interpretazione di Sartori, secondo cui
il “prevalere del visibile sull’intelligibile porta a un “vedere senza
capire”: quasi inevitabile, afferma l’indagine, prevedere che, in futuro,
la quota di analfabeti funzionali crescerà più di mille parole.
Se la forza dell’immagine, il
suo potere di comunicazione e persuasivo, la sua immediatezza, il suo
coinvolgimento sensoriale rappresentano il più semplice e sostenibile approccio
per chiunque, senza pesanti sforzi cerebrali o impegno culturale, l’interpretazione,
la comprensione, la parafrasi di un testo, anche elementare - che magari l’accompagna
o la correda - può diventare un difficile problema, quasi insormontabile, una
difficoltà a penetrare il senso o il concetto che quelle parole esprimono.
L’analfabeta
funzionale sa leggere, scrivere e far di
conto, ma non è in grado di capire a fondo ciò che va appena oltre la normale
acquisizione concettuale: legge, guarda, ascolta, ma non decodifica il
messaggio e il suo significato.
Non a caso, il gossip, l’esibizionismo
mediatico, la propaganda dell’idiozia, la crescente diffusione di odio e
aggressività e le spregevoli fake news dilagano e fanno facilmente presa, proprio
perché sono facili da capire, forme istantanee di comunicazione vicine alla
istintività che spesso accompagna i nostri pregiudizi.
Conseguenza di questa
involuzione, secondo Sartori, è la sempre più crescente incapacità dell'uomo di
crearsi un'opinione propria, cosa che, per traslato, significa perdere libertà
e libero arbitrio.
Tutto ciò è molto pericoloso a
livello educativo, etico e politico-sociale e deprime e offende l’imprinting
culturale di una buona parte del Paese.
(Alfredo
Laurano)
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