Forse c’è da chiedersi dove, come, quando e in quali
settori della vita pubblica, lavorativa e professionale - oltre a quello, ormai
sputtanatissimo, del cinema e dello spettacolo - non compaiano e non si moltiplichino
molestie e aggressioni sessuali, ricatti, abusi, tentativi di stupri fisici e
morali.
Non lo scopriamo certo oggi il mito del
maschio predatore e della sua società macho-maschilista, che si è auto-confezionata
nella Storia, su misura e a suo piacimento, contestata a lungo e attaccata con
fatica, da donne coraggiose e ripetuti movimenti femministi, a partire almeno dal
’68.
Asia Argento, sia pure a distanza di
tempo, ha scoperchiato il ben noto vaso di Pandora della violenza sessuale e
dell’abuso di potere del maschio dominante.
Lo si esercita da sempre nella
politica, nelle aziende, nelle università, negli ospedali, negli studi
professionali o dovunque ci sia da fare un minimo di carriera, ottenere una
promozione, un vantaggio economico.
Un potere non istituzionalizzato, non riconosciuto
e legittimato dal consesso democratico e morale, ma realmente diluito e permeato
in ogni rivolo della società e del vivere quotidiano: il magico potere del sofà
del rozzo produttore, simbolo di prepotenza e sfruttamento, di umiliazione e
asservimento, che a Hollywood ha contribuito a selezionare le migliori
aspiranti attrici, quelle destinate a essere grandi dive, attraverso il rito
del pedaggio.
Inevitabile il conflitto che
mediaticamente oggi rimbalza tra stupore, puritanesimo e ipocrisia, al coro reiterato
degli “anch’io, anche noi, anche tutte siamo state molestate da qualcuno, ma non
l’abbiamo detto per paura, per le possibili ritorsioni, per non rovinarci la
vita e le speranze di lavoro, per non affrontare cause e problemi troppo grandi”.
E non passa giorno che a qualcuna non
si risvegli improvvisamente la memoria, in un fragoroso, dilagante effetto
cascata, che alimenta la curiosità, il gossip, il dubbio e la caustica ironia
popolare di indolenti e benpensanti.
Ma, al di là dei ricami parolai, dei
fumetti da talk salottieri, delle provocazioni da cartellino giallo per
sfruttare la ghiottissima occasione, resta la storica verità dell’esercizio disinvolto
e di routine della perversa seduzione del potere, di ogni specie e latitudine.
Dopo il coinvolgimento di Giuseppe
Tornatore, chiamato in causa da Miriana Trevisan, si allarga anche in Italia
l’onda del caso di Harvey Weinstein, potente produttore, sessodipendente e maniaco,
accusato di molestie e stupri dalla Argento e da decine di altre donne
(compresa Angelina Jolie).
Si consuma una tardiva, ma pur giusta “vendetta”
e, nell’occhio del ciclone travolgente è oggi immerso il regista Fausto Brizzi
- quello della “notte degli esami”, di “Ex”, di “Maschi contro femmine” -
pesantemente accusato da decine di giovani attrici, in più servizi delle” Iene”.
E ora “Querelaci a tutte! Non ci fai
paura!”, aggiunge l’Asia furiosa.
Come dichiarava a suo tempo Marilyn
Monroe, “Loro volevano assaggiare la
mercanzia e, se dicevi di no, ce n' erano almeno altre venticinque disposte a
dire sì". Insomma, per far carriera a Hollywood, negli anni d' oro, si
doveva sottostare a un ripetuto "jus
primae noctis", se si voleva apparire sullo schermo, non importa
quanto fosse profondo l’artistico talento.
Oggi, ci si scandalizza pubblicamente,
quasi fosse una novità, una scoperta di vari scheletri negli armadi del reciproco
silenzio.
Si va al di là dell’ipocrisia, del “così
fan tutte”, perché certe cose le sanno tutti, e da sempre.
Nel libro “Il sofà del produttore”, di
quasi trent’anni fa, figuravano i nomi delle più celebri e celebrate star del
cinema americano, sedotte sul divano, alcune delle quali, dopo l’assaggio,
diventate “icone” del cinema mondiale.
Perché, secondo quella meschina cultura
fallocentrica della priapo-prepotenza, ci ricordava la Ferilli, “Beato chi se o’
po’ fa il sofà.
13 novembre 2017 (Alfredo Laurano)
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