L’eco del saluto
di Totti al mondo del pallone non si è ancora spenta e l’emozione popolare che
ha scatenato permane nel cuore di centinaia di migliaia di tifosi e di italiani,
che hanno sofferto e pianto, versando fiumi di lacrime d’affetto.
Quel crudele addio,
imposto dal tempo e dall’anagrafe, è stato, comunque, una forzatura, un obbligo
previsto e ineluttabile, ma non voluto, che, obtorto collo, si è dovuto
accettare: sia da parte del non rassegnato popolo giallorosso, che dal suo
idolo fatto in casa.
Ma perché
tanto clamore, tanta commozione, tanto spazio, tanti servizi, articoli,
commenti e video storici che hanno intasato il Web, le TV e i telefonini? - si
domanda qualcuno, con fastidio e malcelato cinismo e, in qualche caso, con taglienti
punte di invidia, di rabbia e gelosia. “Fatele
finita co ‘sto teatrino dei ricordi, co sta farsa dei sentimenti, siete
ridicoli”.
Semplicemente,
perché quella di Totti è ed è stata una straordinaria storia d’amore, prima di
essere la storia del talento, di un fuoriclasse dello sport, di un bravo
ragazzo ricco di valori e umanità. E questo, inutile ribadirlo, lo sanno tutti:
sportivi, tifosi, compagni, avversari, laziali e insensibili compresi.
Un amore, reciproco
e incondizionato, verso una maglia, verso una bandiera, verso la città di Roma,
da parte di Francesco, che tutti hanno ricambiato, “esclusivizzato”, esaltato
alla massima potenza. Una simbiosi totale che gli ha dato la consapevolezza di essere
amatissimo, di avere un posto importante nel cuore della gente. Che lo ha fatto
rinunciare a ben altri onori e gloria, a cambiare squadra, a vincere tante coppe
e trofei, a guadagnare sempre di più, ma al prezzo di non essere più amato,
come nessuno ama Ronaldo, Messi o Ibraimovich. Perché Totti e la Roma sono una
parola sola.
Testimonianza
esemplare di tanto sentimento è la storia di Vittorio, romantico tifoso di 83
anni che da settanta non manca mai allo stadio, per seguire la sua Roma: “non ho parenti, sono morti tutti, m’è rimasta
solo la Roma e sono ancora un vecchio curvarolo”.
Vive a
Trastevere, dove tutti lo chiamano “Manfredina”. I suoi due fratelli purtroppo non
ci sono più. Non si è mai sposato e la squadra è tutta la sua vita.
La sua piccola
casa è una specie di museo: un’intera stanza è dedicata alla sua Roma e, in
particolare, a Francesco Totti, di cui ha libri, storie, album e statuine. Poi,
sciarpe, bandiere, fotografie, riproduzioni, oggetti e cimeli di ogni genere.
E domenica
mattina, prima dell’ultima partita di Francesco e del campionato, il vecchio e
piccolo Vittorio ha ricevuto un premio assai speciale, ha realizzato un sogno.
Come riconoscimento
a tanta fedeltà, è stato invitato a Trigoria, ha conosciuto personalmente la
squadra e, soprattutto, il suo cocchetto, che gli regalato la sua maglia autografata
e lo ha abbracciato, con affetto, come un nonno. Una emozionante incontro che Vittorio
non dimenticherà mai e che, certo, meritava.
Poi, come
sempre allo stadio, a omaggiare l’ultima di Totti, fra centomila voci che lo
hanno fatto innamorà.
2 giugno 2017
(Alfredo Laurano)
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