C’è
chi abbandona un figlio nel cassonetto, chi lo lancia dal balcone, chi lo
dimentica in macchina, come una borsa, un ombrello o la busta del pane.
Poi
c’è pure chi non ricorda dove ha parcheggiato l’auto e, magari, pensa che gliel’hanno
rubata. Con o senza bimbo all’interno, con o senza cane, in attesa, a far la
guardia. Ma questo, al confronto, è un peccato assai veniale.
Capisco
bene che non è la stessa cosa, che sono casi ben diversi, ma c’è qualcosa che,
comunque, li accomuna: la dimenticanza, il vuoto di memoria, la distrazione
fatale, l’assurdità del fatto, la difficoltà di capirlo dall’esterno e di
valutarlo.
Ma
si può veramente dimenticare un figlio in auto? Come una valigia sul treno o il
giubbetto al ristorante? Solo il telefonino, come il primo amore, non si scorda
mai.
Pare
proprio di sì, anche se son casi limite e ce lo spiegano i soliti esperti,
chiamati a giustificare i comportamenti umani.
Stress,
lavori usuranti, problemi familiari, sentimentali o economici, beghe di lavoro,
angosce esistenziali, vita difficile, stanchezza fisica, insonnia, fragilità
emotiva e psicologica: sono tanti gli elementi che, proditoriamente, possono
causare un black out del cervello, spegnere la luce della ragione e della
vigilanza, sclerotizzare le sinapsi di alcuni nostri stanchissimi neuroni.
Un’altra
creatura di un anno e mezzo, dimenticata dalla mamma per cinque ore, chiusa
nell'auto sotto il sole, in provincia di Arezzo, è morta “arrostita” quando
l’ossigeno è finito. "Non mi sono
accorta di niente, non l'ho proprio vista" ha detto tra le lacrime e
sotto choc la donna.
Un
altro figlio “cancellato” dalla mente di un genitore che, convinto di averlo
accompagnato a scuola o al nido, come sempre, se ne va tranquillamente al
lavoro.
E
prima di lei molti, troppi altri bambini sono morti così, stupidamente, per “dimenticanza”.
Per automatismo e ripetitività dei gesti, dati per scontati, E invece i piccoli
erano rimasti in auto, a dormire sul seggiolino. In silenzio, con la vita che
nel calore scivolava via.
E’
successo di recente a Lecco, a Catania, a Passignano, a Teramo, a Livorno:
sempre con le stesse modalità e con la stessa inaccettabile fine: morte per
ustioni, disidratazione e arresto cardiaco.
E’
difficile ammetterlo - dicono sempre i soliti esperti - ma può succedere a
chiunque.
E
ovvio che, per un genitore, questo solo pensiero devasta la coscienza e, se e
quando la tragedia accade, non c’è pena maggiore da scontare che quella
dell’eterno rimorso.
Anche
se il padre di Luca di due anni, di Piacenza, è stato assolto dall’accusa di
omicidio colposo, grazie a una perizia psichiatrica che lo giudicò “incapace di
intendere e di volere” perché colpito da “amnesia dissociativa”.
A
volte, ricorrendo all’irriverente paradosso, potrebbe bastare un semplice
post-it sul cruscotto per salvare la vita di un bambino.
(Alfredo Laurano)
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