La povera
Erika, morta ieri a Torino, dopo dodici giorni di agonia, non è stata uccisa
dalla stupida folla in preda al panico, ma dal comportamento sicuramente
irresponsabile e imperdonabile di qualcuno.
La Procura sta
lavorando sull’evento che ha scatenato il panico e la fuga dei 30mila tifosi,
durante la proiezione della finale di Champions, fra Juve e Real Madrid. Il
fascicolo è a carico di ignoti.
Tra i vari
testimoni, c’è chi pensa di aver sentito un boato, chi avrebbe sentito gridare,
come da prassi, “Allah Akbar”. Per altri, l’isteria collettiva sarebbe stata
provocata da una sostanza urticante, perché molti hanno raccontato di aver
avuto difficoltà a respirare.
Secondo altre
ipotesi, qualcuno potrebbe aver letto sullo smarthphone la notizia
dell'attentato a Londra e capito, invece, che stava succedendo lì, a Torino,
lanciando l’incauto allarme nella piazza. Un colpevole fraintendimento.
O qualche
idiota, più idiota del lecito, avrebbe potuto simulare un attacco terroristico “per
vedere l’effetto che fa”.
È abbastanza
ovvio capire che un gesto, una frase, un movimento anomalo di un normale
cretino o di un pazzo esaltato o brillo, in un certo contesto di tensione e di
timore, possa scatenare un putiferio, determinare una possibile strage.
La vittima di
tanta follia, originaria di Domodossola, non era nemmeno tifosa della Juventus:
era in quella piazza San Carlo per far compagnia al fidanzato.
Travolta dalla
gente in fuga, intrappolata tra la folla che la schiacciava contro un muro,
aveva avuto un arresto cardiaco a causa della compressione della cassa
toracica.
Il suo cuore
si è fermato per diversi minuti e quando sono arrivati i soccorsi la donna
aveva ormai riportato gravissimi danni neurologici, a quanto pare
irreversibili.
E quella che
doveva essere una festa dello sport si è trasformata in tragedia, che avrebbe potuto
avere esiti ben più gravi.
“Una bolgia umana, dove tutto era
disorganizzato, spazi compressi, nessun controllo, venditori abusivi, bottiglie
dappertutto. Siamo un Paese così” - dice il fidanzato, cui, durante le lunghe veglie al capezzale di
Erika, hanno rubato anche il telefonino in cui c'erano le ultime foto scattate
insieme, gli ultimi messaggi, gli ultimi ricordi - “non abbiamo imparato nulla: bastava copiare quello che avevano fatto
gli spagnoli con la proiezione della partita dentro lo stadio”.
Fa veramente rabbia
pensare che si possa perdere la vita per colpa di qualche pazzo irresponsabile che
ha provocato la fuga irrazionale di una folla impazzita di paura, che pensa
soltanto a salvarsi, travolgendo e calpestando chiunque o camminando sugli
altri caduti.
In quei
momenti, prevale l’egoismo, sparisce il senso di solidarietà e non si pensa ad aiutare
nessuno. Salve alcune lodevoli eccezioni, come quei pochi che hanno salvato il
bimbo cinese, ricoverato in rianimazione e poi dimesso, e qualcun altro schiacciato
dalla mandria umana.
Bomba o non
bomba, un procurato allarme c’è comunque stato.
E qualcuno
quel panico l’ha causato.
E quel qualcuno quella giovane donna l’ha ammazzata. (Alfredo Laurano)
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