Tutte le Reti Mediaset
gli hanno fatto festa, hanno rievocato le sue gesta, hanno raccontato la sua
vita, i suoi amori e le sue avventure. Hanno
stravolto i palinsesti con lunghi servizi nei Tg, con speciali e sorprese nei
programmi, per festeggiare il fondatore e proprietario.
E’ stato il B-day televisivo,
appena appena celebrativo, nei toni e nel linguaggio, sul modello nord-coreano.
Ne hanno parlato per ore e ore, a canali quasi unificati, lo hanno sommerso di
auguri, di fiori, di ricordi e pensierini, fino al regalo della videolettera di
quindici minuti “Caro Presidente”.
Fino alla possibile nausea
mediatica.
Silvio Berlusconi - che i suoi ex amici e compari oggi
definiscono “corruttore, bugiardo, sadico” - ha ieri compiuto ottant’anni.
E’ vero, forse lo
abbiamo già dimenticato, c’era una volta un’Italia in cui si era o pro o
contro.
Silvio si amava o
si detestava. O, quanto meno, si doveva scegliere: si saliva sul suo carro o si
restava sdegnosamente a terra. Lo si aggrediva, anche con le statuine del
Duomo, lo si insultava, lo si spernacchiava anche nel mondo, come lui faceva
con gli italiani, con la stampa, con la magistratura: Ruby, le Olgettine, il
Bunga bunga, il sistema prostitutivo, la frode fiscale, il rapporto con Dell’Utri,
le amicizie ambigue, la compravendita dei senatori, i tanti processi, le condanne,
le assoluzioni, le prescrizioni, le leggi ad personam e le leggi vergogna come
la Cirielli che, secondo Cantone è “un incentivo alla corruzione”.
Poi, tutto è cambiato,
come sempre o spesso accade: gli amici sono diventati nemici, come nel tragico 8
settembre del 1943.
Da Fini a Casini (“un grande inganno”), da Alfano a
Verdini, a Pisanu, a Formigoni, a Follini, a Urbani, a Capezzone, a Cicchitto,
a Guzzanti, al “fedefissimo” Fede.
Persino il
leggendario cantore Sandro Bondi, che poetava le sue gesta e il suo sconfinato
amore, ora lo insulta pubblicamente e dice “Berlusconi ci lasciava giocare con la
politica e con le idee, fino a che non toccavamo la sostanza dei suoi interessi
e del suo potere.
Seducente e abbandonato,
quindi: è un bilancio triste, l’impietoso ritratto che gli ex amici e alleati fanno
oggi di un leader che ha condizionato un ventennio della vita italiana, che lo hanno ben conosciuto,
esaltato e che adesso lo demonizzano e lo sputtanano. Dice ancora Bondi: “sono giunto alla conclusione che non vi è alcuna grandezza tragica in
lui”.
Roma, dodici novembre 2011, ore 21.42, palazzo
del Quirinale: Silvio
Berlusconi non è più il presidente del Consiglio. Ha consegnato le
sue dimissioni nelle mani del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Un atto formale che segna al tempo stesso la
fine del berlusconismo e dell’esperienza governativa più longeva dal secondo
dopoguerra ad oggi.
Una data storica. La fine di un’era durata 18
anni.
Migliaia di persone hanno atteso la notizia per
ore, festeggiando e brindando nelle piazze.
Cosa resta del tanto amore-odio di quei tempi
che sembrano lontani, della rivoluzione liberale, della promessa della cuccagna
fiscale, della grande comunicazione, del bombardamento delle sue TV, dello
stile e del mito del berlusconismo acritico e sfrenato?
Solo l’analisi dell
Storia e della Sociologia.
Tanto lifting, trapianti
e la costante tintura per capelli non cancellano l’età: una specie di salma
imbalsamata.
Il recente intervento chirurgico e la convalescenza lo hanno
ricondotto nella dimensione umana, sui binari dell’anagrafe e della mediocre
normalità.
Adesso, comunque, a capo
del governo c'è un altro bugiardo cronico di fronte al quale anche il decadente
Silvio appare un dilettante della menzogna.
30 settembre 2016
(Alfredo Laurano)
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