Qualcuno - esperto, specialista, romanistologo, calciofilo
- dovrebbe forse rispondere, magari dopo approfonditi studi e analisi, ad alcune domande
ontologiche
sulle qualità dell'esistenza delle cose che vivono e accadono intorno a una
squadra di calcio che si chiama A.S. Roma.
E’ normale cadere a Firenze e sciupare l'occasione di
scavalcare la Juve e raggiungere in vetta alla classifica il Napoli a sette
minuti dalla fine, dopo aver sciupato occasioni e dominato tutto il primo tempo
e buona parte del secondo?
E’ normale prendere un gol su evidente fuorigioco monumentale
attivo di un avversario che copre la visuale del portiere? E che né arbitro, né segnalinee, né
assistente di porta hanno visto?
E’ normale prendere una ginocchiata da dietro, davanti alla
porta avversaria, e non prendere il rigore?
E’ normale che un
marcantonio bosniaco di un metro e novantatre centimetri si impegni, corra in
campo, faccia pressing, collabori, entri nel vivo del gioco, ma si muova in
area con la velocità di un elefante e si divori almeno tre goal a partita?
Ce ne sarebbero tante altre di domande sulla rosa, sulla
presidenza, sulla campagna acquisti, sui soldi buttati da Sabatini (Doumbia,
Iturbe, Jesus…) Quel che resta, oggi, è
una sconfitta dal sapore beffardo in una partita sprecata come poche e che ha
visto Totti giocare solo dieci minuti.
Per chiudere questa amara e certamente inutile riflessione,
una nota di carattere cromatico di tendenza.
Ma chi ha concepito quella terza maglia fosforescente, sfumata
di rosso Aperol e giallo Crodino - forse ritrovata abbandonata fra i costumi di
scarto della pubblicità di spritz o apertivi - che fa male agli occhi, oltre a
fare schifo.
Almeno, avidi padroni americani, rispettate e lasciateci i
nostri tradizionali colori, il giallo ocra e il rosso pompeiano, che
appartengono alla storia capitolina, non alla vostra.
E carcerate lo stilista.
19 settembre 2016 (Alfredo Laurano)
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