A
lungo atteso dai familiari, dagli amici, dal gruppo di 35.000 sostenitori che
chiedono giustizia e verità per Marco Vannini, è iniziato ieri il processo a
carico della famiglia Ciontoli per la morte del ragazzo di 20 anni, ucciso a
Ladispoli in casa della sua ragazza, Martina, la sera del 17 maggio di un anno
fa.
Tantissime
inchieste, servizi, articoli di stampa, collegamenti, inviati, dirette e
trasmissioni televisive hanno fatto ben conoscere a tutt’Italia, e non solo, questo
caso di forte impatto mediatico. Una tragedia che, per le assurde modalità in
cui si è concretizzata, ha suscitato rabbia e indignazione, ha visto una
vastissima partecipazione emotiva e popolare e alimentato legittime attese di
giustizia. E anche una certa esasperazione, nei toni, nei giudizi e nelle
reazioni, a volte ingiustificata, nei tanti che ossessivamente si chiedevano, e
si chiedono, come mai nessuno è stato finora ristretto in custodia cautelare.
A
giudizio, di fronte alla prima Corte d'Assise di Roma, tutta la famiglia di Martina
accusata di concorso in omicidio, a cominciare dalla padre Antonio - che ha
confessato di aver sparato involontariamente al giovane con una pistola, mentre
si trovava sotto la doccia, uccidendolo - al fratello Federico, alla madre
Maria e a lei stessa. Per Viola Giorgini, fidanzata di Federico, l’imputazione è
di omissione di soccorso.
Secondo
l'accusa, dopo quel colpo partito probabilmente per errore, durante un gioco
finito male, si sarebbe elaborata una serie di omissioni e di coperture
incrociate tra i membri della famiglia che, dopo aver tentato di lavare il
sangue e le prove, hanno chiamato con molto ritardo il 118, provando poi a
sostenere che Marco fosse caduto, infilzandosi con un pettine. Tutto ciò è
emerso dalle sconvolgenti conversazioni intercettate in alcuni filmati, in sede
di interrogatorio e diffusi nel corso di trasmissioni TV.
A
parere dei medici e degli esperti, se avessero immediatamente chiesto soccorso
e spiegato l’accaduto, ora Marco sarebbe ancora vivo. Invece, è stato lasciato
morire con inaudita leggerezza o per inspiegabili, abietti motivi.
Quella
di ieri è stata un’udienza tecnica, finalizzata principalmente all’
acquisizione dei documenti - consulenze medico-legali e balistiche - e della
lista dei testi da parte dell’accusa, degli avvocati difensori e della famiglia
Vannini. In aula erano presenti i genitori, i parenti e diversi amici di Marco,
tutti assenti gli imputati.
La
prossima sessione si terrà il 18 luglio e saranno ascoltati i primi testimoni:
gli agenti di polizia e il personale sanitario intervenuti sul posto.
Prima
che il processo entri nel vivo, vorrei rivolgermi ancora una volta - come ho
fatto un paio di mesi fa - alla giovane Viola Giorgini, estranea alla famiglia
Ciontoli e alla dinamica del delitto, ma presente nella casa del reato.
Oltre
la logica, il buon senso e l’oscura realtà dei fatti, la ragazza ha confermato,
fino ad oggi, le parole e le dichiarazioni di tutta la famiglia del suo
fidanzato Federico, imputata di omicidio.
Vorrei
ricordarle ancora che, in fase di dibattimento e di testimonianze, sarà
sicuramente incalzata dal PM e dagli avvocati e cadrà inevitabilmente in
contraddizione.
Dovrà
fornire mille spiegazioni sulla sua "strana" uscita col fidanzato,
dopo lo sparo, sul perché non si sia dissociata dalle gravissima condotta degli
altri, soprattutto in merito ai mancati e tempestivi soccorsi.
Si
può certo comprendere che le cose accadono in un attimo, che si rimanga
attoniti, che si perda la capacità di ragionare e di reagire nella misura più
giusta e responsabile, ma dopo un anno la Viola - anello debole di quella
catena di menzogne e falsità e sicuramente mal consigliata, anche dai suoi
stessi genitori - ha avuto tutto il tempo per riflettere e capire, al di là di
ogni possibile pressione. Sempre che non sia completamente idiota o vittima di
ricatto.
Non
credo potrà resistere molto quando, in aula e fuori, sarà al centro
dell'attenzione giuridica e mediatica e perseguitata da telecamere e microfoni.
Per
il suo bene e prima di essere condannata, le consiglio di uscire da quel
fortino di inerzia, di silenzi e di colpevole apatia e di arrendersi alla
verità.
24
maggio 2016 (Alfredo Laurano)
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