Chi
ama lo sport e ne apprezza i suoi valori, autentici e più limpidi, ieri ha
vissuto una straordinaria pagina di emozioni, di confronto, di sfida, ma anche
di vera umanità.
Il ciclismo è forza, fatica e
sacrificio, soprattutto quando la strada sale, crescono i tornanti e la cima
resta lontana. Nelle gambe ci sono già tanti chilometri, c’è la stanchezza, il
calore del sole e il sudore, oppure c’è la pioggia, il freddo e il vento che
taglia la faccia e segna ogni centimetro di pelle. Ma la testa, che quelle
gambe comanda, decide di combattere, anche con se stessa, e di tenere duro, di
affrontare quella primitiva lotta e quel cimento. E ti costringe a stringere i
denti e pedalare.
L’impresa di Vincenzo Nibali, lo
Squalo siciliano, resterà nella memoria e nelle più belle pagine della storia
delle corse in bicicletta. Un’ impresa, la sua, che nessuno, in anni recenti,
era riuscito a realizzare: recuperare e ribaltare un distacco così grande in
due sole tappe. Roba d’altri tempi: soltanto quattro giorni prima era crollato
ad Andalo, sprofondando a quasi cinque minuti di ritardo dalla maglia rosa di Kruijswijk.
Tutti, ovviamente, speriamo e confidiamo nella sola forza vera del campione.
A
duemila metri dal Colle della Lombardia, l’amico Scarponi che l’aveva aiutato
ed incalzato, già nella tappa precedente, si scansa di lato, come a dargli il
via: lui scatta sulla salita, in piedi sui pedali, parte con decisione e stacca
tutti.
Il
piccolo colombiano dal sorriso buono, che aveva appena conquistato il giorno
prima quella maglia rosa, per un po' lo insegue, prova a resistere a quel
caparbio strappo, poi inizia il tormento. I sogni di Esteban Chaves svaniscono
come il suo primato, mentre lo Squalo affronta una discesa da paura, piegandosi
in un tutt’uno con la sua bicicletta.
Nella salita finale quasi non avrebbe più bisogno di spingere: l'urlo del pubblico, dei tifosi e dei Can-nibali, assiepati verso Sant'Anna di Vinadio e sul traguardo, lo fa volare verso la vittoria del Giro.
Nella salita finale quasi non avrebbe più bisogno di spingere: l'urlo del pubblico, dei tifosi e dei Can-nibali, assiepati verso Sant'Anna di Vinadio e sul traguardo, lo fa volare verso la vittoria del Giro.
Resta in tutti gli sportivi il dispiacere per quel ragazzo colombiano, dal viso simpatico e pulito, che torna secondo, a meno di un minuto. Anche lui ha lottato, ha sofferto e ce l'ha messa tutta e, pur sconfitto, non ha smesso di sorridere: merita ogni applauso e incoraggiamento.
Un’avventura,
epica ed emozionante che ha avuto anche un risvolto non proprio secondario, un epilogo
da avvincente romanzo popolare a lieto fine, un momento di grande commozione: i
genitori di Chaves, per la prima volta in Europa, aspettavano il figlio Esteban
in rosa per festeggiarlo, ma trovando Nibali - nuovo leader del Giro, che lo ha
appena spodestato - sono comunque i primi ad abbracciarlo e a congratularsi,
con genuina spontaneità.
Un gesto nobile e sincero, una
pagina di rara umanità che solo lo sport, o forse solo il ciclismo, sa regalare.
29 maggio 2016 (Alfredo Laurano)
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