Tra
qualche giorno, Air France riprenderà il collegamento aereo Parigi-Teheran,
interrotto otto, nove anni fa a causa del contestato programma nucleare
dell’Iran.
Ora, grazie agli accordi raggiunti con quel Paese, che ha rispettato
gli impegni presi con Europa e Stati Uniti, le relative sanzioni economiche e
finanziarie sono state revocate.
La
Francia è pronta, quindi, a sfruttare la riapertura del mercato e la sua compagnia
aerea, in vista di nuovi introiti economici, ha deciso di imporre alle proprie
hostess, in servizio su quella tratta, alcune regole di abbigliamento: dovranno,
infatti, seguire un nuovo codice che prevede: pantaloni obbligatori durante il
volo, giacca lunga e il velo una volta atterrate a Teheran, in modo da avere
capelli e testa coperti. Questo per rispettare la legge islamica in vigore in
Iran.
L’uso del
velo in Iran è obbligatorio.
Dalla
rivoluzione islamica del 1979, le donne sono obbligate per legge a indossarlo
in tutti i luoghi pubblici. Impossibile, quindi, pensare a una deroga solo per
le hostess di Air France. Oltre all’obbligo di un foulard o di un capo che
copra la testa, sarebbero state invitate anche a non fumare in pubblico.
Velo o non velo, quindi? Una parte delle hostess, però, ha già
opposto il suo rifiuto.
Continua questa fissa di imporre proprie regole e obblighi
religiosi e tradizionali ad altri.
Fermo il riconoscimento e il rispetto di usi e costumi di ogni
popolo e Paese - almeno fino a che non ledano i diritti costituzionali e le leggi
vigenti - non si capisce perché, e in virtù di quale malinteso
multiculturalismo, ci si debba adeguare.
La British Airways ha sanzionato una hostess di volo solamente
perché portava al collo un piccolo crocifisso d'oro, in quanto la recente
politica della compagnia non ammette l'esibizione, anche minima, di simboli
religiosi, per non urtare la sensibilità altrui.
Timore di offendere l'altrui pudore o soltanto opportunismo
commerciale?
Questa è come la barzelletta della copertura delle statue nude
dei Musei Capitolini, durante la recente visita di Rouhani, per la quale siamo
stati siamo stati ridicolizzati e spernacchiati in mezzo mondo.
Gli usi e costumi di un popolo non si dovrebbero modificare
per nessuno e per nessuna falsa forma di rispetto, altrimenti sarà una continua
e infinita corsa all’auto censura per compiacere l’altro, al ridicolo e
ingiustificato eccesso di zelo, al rinnegamento delle propria civiltà e del
proprio patrimonio storico, artistico e culturale. Vedi vicende varie di
crocifissi, presepi, rinunce al vino, tabù sessuali, tradizioni alimentari e
via dicendo.
Tutto per evitare possibili collisioni fra sharia e laicità.
La questione, così posta, è
destinata a non finire mai.
Per non oltraggiare o turbare nessun turista, nessun visitatore,
di qualsiasi fede e provenienza, dovremmo, allora, mettere le mutande al David di Michelangelo, alle 64 statue di atleti
nudi allo stadio dei Marmi di Roma o al folto pelo pubico de “L'origine du
monde” di Courbet, nonché un bel reggiseno push up alla Venere di Milo, per una pudica rilettura dell’album della storia dell’arte occidentale, nudo dopo
nudo.
Ma allora, perché le donne musulmane
che vivono in Italia e in Occidente non si tolgono il velo e si mettono in
minigonna?
4 aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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