Mentre in
Austria vola l’estrema Destra xenofoba e in Europa si chiudono le frontiere e
si fanno accordi ben pagati per rispedire alla Turchia i rifugiati, si rafforza
la politica dei muri contro i migranti, come in Macedonia, Ungheria e, appunto,
nel valico del Brennero.
Dalla caduta di quello di Berlino sono stati costruiti più di
8000 km di muri. Fortezze che hanno lo scopo di fermare l’immigrazione,
piuttosto che frenare eventuali minacce esterne, come traffico di droga, armi e
terrorismo.
Aumentano progressivamente in questa Europa dove l’emergenza
migranti e il regolamento di Dublino - che regola le pratiche di richiesta
asilo all’interno dell’Ue - incentivano questa scelta della fortificazione
per difendere l’ “impero” europeo da quelli che le
destre descrivono come dei nuovi “assalti barbarici”.
Muri, gabbie, recinti e fili spinati, da sempre simboli e
metafore universali dell'oppressione.
Come nei campi di concentramento nazisti che oggi, 25 aprile, anniversario
della Liberazione, ancora una volta ricordiamo e condanniamo.
"Ogni
tempo ha il suo fascismo", diceva Primo Levi, avvertendo che i nuovi
fascismi si diffondono in modi sottili e diversi.
In tempi
di razzismi e intolleranze, resta una memoria che è coscienza civica e antifascista:
storie di persone che più di settant'anni fa fecero una scelta, presero l'unica
strada possibile, quella della lotta contro la tirannia nazifascista. Una
strada divenuta il simbolo della rivolta venuta dal basso e dal sacrificio.
E’ una nuova
assenza di democrazia e di solidarietà, il mancato rispetto dei diritti umani,
la vergognosa strumentalizzazione della paura a cui vengono condannati persone,
famiglie, gruppi e minoranze, come fossero espressione di una nuova dittatura
di nemici e di diversi.
È
evidente che la retorica dei muri corrisponde a un’incapacità effettiva di risolvere
i problemi e l’Unione Europea, nonostante le aperture germaniche, non sembra in
grado di ricostruire un equilibrio politico che vada dal Mediterraneo ai Balcani,
passando per la revisione urgente del regolamento di Dublino.
Liberazione,
oggi, deve significare anche liberarci da quei muri della vergogna, riuscire a
gestire l’emergenza e la nuova crisi umanitaria.
Come fecero i nostri padri 71 anni fa.
25 aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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