Quando il calcio era uno sport, andare allo stadio la domenica
era una cosa bella, emozionante e coinvolgeva tutta la casa, la famiglia e,
spesso, anche, il quartiere.
Si anticipava il pranzo, ci si dava appuntamento con gli amici
al bar, si preparavano sciarpe, bandiere e fischietti, si andava alla partita
tutti insieme, qualcuno con le carte da gioco e col panino di frittata in
tasca. Il derby era una festa di colori e di emozioni, già dal mattino.
Gli stadi non erano blindati, i tifosi non erano scortati e perquisiti, non c’erano varchi e tornelli per entrare.
Gli stadi non erano blindati, i tifosi non erano scortati e perquisiti, non c’erano varchi e tornelli per entrare.
Non esistevano gruppi
organizzati che fomentavano violenza, che lanciavano petardi, che preparavano
ed esponevano striscioni razzisti e offensivi, che ricattavano società sportive.
C’erano soltanto tifosi veri che, al massimo, si sfottevano e,
qualche volta si tiravano un cazzotto o uno spintone.
Tutto raccontato con vivido
realismo nei film in bianco e nero di quei tempi, gioiosi, ruspanti e popolari,
che dipingevano la vita sana e semplice degli italiani anni cinquanta-sessanta,
fra passioni e speranze di un “tredici” al Totocalcio e, sullo sfondo, alla
radio, “Campo de Fiori” e “Tutto il calcio, minuto per minuto”.
Cronache lontane e superate,
ormai, dall’idiozia umana, dai nuovi selvaggi che non hanno alcun diritto a
definirsi tifosi e che aspettano l’occasione di una stupida partita per creare
scontri e scatenare la propria malvagità, le proprie repressioni: da quelli che
devastano città e monumenti, a quelli che lanciano monetine ai mendicanti, come
fossero piccioni; da quelli che orinano su una questuante, a quelli che giocano
alla guerriglia, con spranghe e fumogeni, che accoltellano, bastonano e, a
volte uccidono, avversari e poliziotti.
E, ieri sera, tanto per non smentire l’ormai consueto rito,
scontri e tafferugli hanno colpito ancora a Palermo, con inseguimenti, assalti
e lancio di sedie e tavolini in pieno centro. Alcuni vili guerriglieri hanno
riempito di calci in testa e al viso un “nemico” inerme a terra.
Follia di ultras senza colore, senza
vessilli e campanili, se non quelli della brutale rabbia che li accomuna.
E questi sono, forse, anche quegli ottusi che da tempo non
vanno più allo stadio Olimpico di Roma, perché il Prefetto ha diviso le Curve
con una barriera di cristallo, per motivi di sicurezza. Da mesi, quegli spalti
sono vuoti e lo sciopero del tifo procede a oltranza.
Meglio così: risparmiate soldi per l’abbonamento, risparmiateci
la vostra intolleranza e impetuosa turbolenza agli altri spettatori. Nessuno
sentirà la vostra mancanza.
Anzi, qualcuno meriterebbe
d’essere in gabbia.
11 aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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