Niente quorum. Non poteva andare che così.
Rai, Mediaset e la stragrande maggioranza
della stampa più servile avevano, volutamente, poco, male o non informato i
cittadini sul referendum: il minimo sindacale di spazi, di talk e di confronti.
Solo le realtà ambientaliste si erano spese
con iniziative, spot e comunicati, ma con tutti i limiti dei loro pochi mezzi.
Poi, le falsità fatte circolare sui dati,
anche occupazionali, e sullo stato reale delle trivellazioni e delle produzioni,
il sabotaggio del governo e del suo proprietario e del presidente emerito
Napolitano - che hanno invitato tutti all’astensione e ad andare al mare, forse
a vedere proprio le trivelle - hanno convinto molti cittadini a disertare i
seggi.
Solo
quindici milioni, pari al 32% hanno votato, soprattutto per il “SI”, circa l’86%.
La propaganda terroristica del governo e
della lobby petrolifera, come ricordava ieri Travaglio, paventava danni
terribili al rifornimento energetico nazionale, in caso di vittoria del “SI”.
Balle: nelle 12 miglia, si produce il 3% del fabbisogno nazionale di gas e l’1%
di petrolio.
Anche gli 11 mila posti di lavoro a rischio
erano una frottola: sulle piattaforme interessate dal referendum, lavorano
appena 100 persone e gli addetti del settore petrolifero sono meno di 5 mila
(compreso l’indotto). Chiudere, smantellare e bonificare le piattaforme in mare
avrebbe dato più lavoro di quanto ne darà ora, tenendole aperte.
Grazie al mancato quorum, non si scongiurerà
il rischio ambientale, oggi altissimo.
Le
cozze attaccate alle piattaforme sono imbottite di veleni chimici, come quelli
che vengono scaricati in mare, attraverso le tubazioni sotto le piattaforme. E
gli impianti esistenti sono vecchi e poco sicuri, tanto più che il Mediterraneo
è un mare senza sbocchi né ricambi d’acqua in caso di fughe di petrolio.
Quindi, tutto resta com’è: gli impianti già
esistenti continueranno ad operare fino a che i giacimenti sottostanti non
saranno esauriti e i petrolieri potranno ottenere proroghe a non finire,
continuando a risparmiare sulle royalty, peraltro, tra le più basse del mondo.
Per completare questa brutta pagina di democrazia
violata, è arrivato in serata anche il tweet del renziano Ernesto Carbone che ha
voluto coglionare quegli italiani che, disobbedendo al suo capetto, sono andati
a votare: “Prima dicevano quorum. Poi il
40. Poi il 35. Adesso, per loro, l'importante è partecipare #ciaone.
Comunque,
caro cialtrone renziano, votare non è mai inutile: meglio partecipare e
perdere, piuttosto che propagare il vile pilatismo di comodo di chi si vende al
potere delle lobby.
18
aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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