Per modificare la vituperata legge Fornero -
la più odiata da tutti gli italiani - tra le varie ipotesi allo studio dei
grandi esperti del governo, prende corpo quella della Pensione con annesso
Prestito.
Sembra essere questa la formula vincente da
inserire nella Legge di Stabilità 2016, per facilitare l’uscita anticipata dal
lavoro: senza traumi sia per l’Inps, che per le aziende, ma con qualche paletto
imposto, casualmente, ai lavoratori. Non va dimenticato, peraltro, che ci sono
pure 24mila esodati, senza lavoro, senza reddito e senza pensione, ancora da
sistemare. Molti, per sopravvivere alla lunga precarietà, si son venduti
l’automobile, i mobili e le catenine dei bambini e mangiano alla Caritas.
Pensioni anticipate, allora?
Sì, finalmente, ma con un prestito bancario obbligatorio, garantito dal TFR, che sa tanto di imbroglio ai pensionandi, in tema di flessibilità.
Sì, finalmente, ma con un prestito bancario obbligatorio, garantito dal TFR, che sa tanto di imbroglio ai pensionandi, in tema di flessibilità.
Il trio delle meraviglie Renzi, Padoan,
Poletti lancia questa ipotesi per i lavoratori che vogliano anticipare l’uscita
dal lavoro, rispetto all’età prevista per la vecchiaia con la riforma Fornero.
L’idea, già tradotta da tempo in due progetti
di legge depositati dal PD in Parlamento, prevede che si possa andare in
pensione con 3 anni di anticipo ed un assegno mensile di circa 850 euro, grazie
ad un prestito-ponte da restituire poi a rate in 20 anni, una volta maturati i
requisiti pieni per andare in quiescenza. E in questo quadro il ruolo delle
banche sarebbe fondamentale per non far gravare sull’Inps (ovvero sul debito
pubblico) tutta l’operazione.
A spingere per accelerare sulla flessibilità
in uscita è il presidente dell’Inps Tito Boeri che - mentre si prepara a
spedire migliaia di famose buste arancio, contenenti calcoli e dati sulle
future pensioni da fame - ritiene non ci sia più tempo da perdere per rivedere
la riforma Fornero e per ridurre la disoccupazione giovanile, incentivando un
ricambio generazionale nel mercato del lavoro. Altrimenti, spiega, si rischia
che, a causa della discontinuità contributiva causata da lavori non stabili, i
giovani di oggi, nati nel 1980, vadano in pensione a 75 anni.
Potrebbe essere una buona notizia anche per i
lavoratori “precoci” e usuratissimi, in quanto aprirebbe anche alla possibile approvazione
della Quota 41, quella, cioè, che prevede l’uscita dal mondo del lavoro con il
versamento di 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica e
senza penalizzazioni.
Dal punto di vista del povero pensionato, questa
bella trovata del prepensionamento basato su un prestito - una specie di
“pizzo” di Stato - altro non farebbe, però, che “dimagrire” un assegno in molti
casi già di per se esiguo, incrementando ulteriormente il tasso di povertà.
Non sono competente in materia ma, a occhio e
croce, da profano e smaliziato cittadino, mi sembra un bel regalo per le solite
banche e l’ennesima truffa per i lavoratori.
23 aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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