E’ sempre più vero che al peggio non c’è mai fine: nella vita
di tutti i giorni, come in quel suo spicchio, edulcorato e consistente, che si
rappresenta alla TV.
Non bastava lo stupore di scoprire che Raffaele Sollecito -
già all’onore delle cronache giudiziarie per quasi otto anni, quale imputato,
condannato, appellato e infine assolto, con Amanda Knox, nel caso Meredith -
fosse arruolato in televisione in qualità di opinionista ed esperto di gialli e
giustizia. A che titolo, con quali competenze, con quali conoscenze, con quale
legittimazione nel ruolo?
Non lo sappiamo. Forse per dispetto o per pura provocazione?
O, come dice l’ineffabile Paolo Liguori, che lo ospita a Tg com 24, perché,
avendo vissuto sulla sua pelle un’esperienza profonda della giustizia italiana,
ne può valutare i meccanismi. Che sarebbe come dire che una persona, che è
stata a lungo ricoverata per problemi cardiaci, una volta uscita dall’ospedale
guarita, si mettesse a fare diagnosi e a dare terapie ad altri pazienti.
Qualche mese fa, peraltro, ci eravamo tutti sorpresi nel
vedere, seduti nel bianco salottino di Raiuno, alcuni esponenti della
famigerata famiglia Casamonica che cercavano di rifarsi una improbabile
reputazione, lavando peccati e reati nel tempio pagano delle liturgie vespiane:
dove tutto può accadere, dove il possibile diventa reale, dove il delitto trova
un’ampia ribalta che quasi lo comprende e lo perdona o, addirittura, lo scagiona.
E si, funziona così, oggi, la comunicazione nel villaggio
globale, dove il medium si identifica col messaggio e influenza, al di là del
contenuto che veicola. Dove è sempre più difficile distinguere tra
rappresentazione e verità, tra fiction e cronaca. Dove tutto fa spettacolo,
produce ascolti e si traduce in ricca pubblicità, del tutto esente da valori
etici, didattici e sociali.
Non possiamo, quindi, che subire che a Porta a Porta, ormai,
di fatto, terza Camera dello Stato, inviti anche il figlio di Totò Riina,
Salvo, in occasione dell'uscita del suo libro, per intervistarlo e per fargli
un po’ di gratuita promozione commerciale: il viscido Vespa lo sa bene, lo fa
sempre, dappertutto e senza vergogna alcuna per le sue periodiche
pubblicazioni. Marchetta più, marchetta meno….
Fra un coro di proteste e di polemiche, l'azienda RAI ha
confermato il via libera alla trasmissione, motivando la propria scelta con il
diritto di informazione, ma la Commissione parlamentare antimafia ha convocato
per oggi, giovedì 7 marzo, la presidente della Rai, Monica Maggioni e il
direttore generale Dall'Orto, per un'audizione urgente sulla vicenda.
Rosy Bindi ha parlato di salotto del negazionismo della mafia.
Bersani ha declinato l’invito a partecipare alla prima parte.
Maria Falcone, costernata, considera incredibile la notizia: “da 24 anni - ha dichiarato la sorella
del giudice ucciso da Cosa Nostra - mi
impegno per portare ai ragazzi di tutta Italia i valori di legalità e giustizia
per i quali mio fratello ha affrontato l'estremo sacrificio ed è indegna questa
presenza in una emittente che dovrebbe fare servizio pubblico".
Dura anche la reazione di Salvatore Borsellino, fratello di
Paolo: "È vergognoso che il servizio
pubblico della Rai dia spazio a queste persone, così come è vergognoso che ci
siano editori che fanno raccontare a questi personaggi un cumulo di falsità,
dove dipingono come il più tenero dei padri un feroce assassino”.
Resta difficile capire perché il servizio pubblico
radiotelevisivo tolleri questi episodi che trasformano un talk in un teatrino
dove, a turno, si avvicendano politici e soubrette, comici e scienziati,
mafiosi e criminali. Tutti son di casa, tutti ospiti graditi.
Ma chi consente a quello spocchioso sciacallo di Vespa - che
farebbe patti anche col diavolo pur di avere visibilità e profitti - di usare
da sempre il mezzo televisivo a suo totale piacimento? Di decidere e
programmare secondo i suoi pruriti quotidiani? Dove ha trovato tanto prepotenza
e dispotismo?
Domande forse un po’ retoriche e banali: ha ossequiato e
leccato sempre il culo ad ogni uomo di potere e per vent’anni a Berlusconi. Con
Renzi, si sta affrettando.
7 aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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