I
Panama papers sono 11 milioni di documenti, appartenenti al quarto studio
legale al mondo specializzato in operazioni offshore, il panamense Mossack
Fonseca, che sono stati pubblicati due giorni fa, grazie a una gigantesca
indagine giornalistica. 370 sono i giornalisti coinvolti, provenienti da 76
Paesi.
I
papers coprono un arco temporale di quasi 40 anni - dal 1977 al 2015 - e contengono
informazioni su 214.000 entità offshore, legate a persone
in 200 Paesi del mondo.
Nella
lista di clienti che hanno “messo da parte i propri risparmi” nei vari paradisi
fiscali, al riparo dal Fisco, o riciclato immense fortune, ci sono per ora 143
politici mondiali: da Putin a Cameron, dal premier islandese - vivamente
contestato dalla piazza - a quello pachistano, ucraino e cinese. Non mancano
nemmeno, padre e figlia Le Pen, in Francia.
Ma
anche banche, società, dirigenti, vip, faccendieri, bancarottieri e campioni
dello sport miliardario, come Montezemolo, come Nicosia - imprenditore già accusato
di bancarotta fraudolenta con Marcello Dell’Utri - come Messi, Jarno Trulli,
Sedorf.
Sono
tanti i nomi che rimbalzano sui media e che si moltiplicano di ora in ora, ma
tutti smentiscono, gridano alla montatura, evocano trame occulte,
mentre tremano i Palazzi del Potere.
Va
detto che operare in Paesi a fiscalità privilegiata non è un reato nel nostro
Paese, se si dichiarano al Fisco italiano le ricchezze accumulate e i redditi
ottenuti.
Ma,
fra i tanti comuni cittadini che ancora pagano le tasse e sono sempre spremuti,
i 120 miliardi di euro di evasione ogni anno da qualche parte devono pur andare
a finire.
C’è
una vignetta spiritosa che Charlie Hebdo ha dedicato al caso Panama Papers, dal
titolo "Terrorismo fiscale": un corteo di ricchi sfila per
solidarietà con gli indagati, tenendo in mano cartelli con scritto "Je
suis Panama" o "non cambieranno il nostro modo di vivere".
Il
giornale satirico francese, la cui redazione nel gennaio 2015 era stata
attaccata e decimata dai terroristi, stavolta non potrà essere accusato di
blasfemia o sacrilegio.
5
aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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