Più che una partita di calcio, un thriller,
con tanto di suspense, di ansia, di tensione, di imprevedibilità.
Certo, Spalletti è proprio fortunato!
Dopo aver sbagliato tutto – la formazione
messa in campo, l’impiego di uno spento Keita e di Maicon, incapace di
difendere, la rinuncia a Pianic – ha trovato, del tutto casualmente, un miracoloso
jolly. Anzi, un re del pallone di quarant’anni che si chiama Totti.
Ancora una volta l’ha fatto entrare a tre, e
sottolineo tre, minuti dalla fine, in una partita ormai persa da una squadra
lenta, leziosa, inconsistente e senza idee.
Ma, l’ennesimo
umiliante schiaffo alla sua carriera - dopo i tre minuti contro il Real Madrid,
l’allontanamento dal ritiro e il colpevole mancato impiego nel recente derby -
stavolta si trasforma in un minuscolo spazio d’arte, illuminato di magia, come
in parte era già successo, pochi giorni fa, quando segnò, pareggiando all’ultimo
minuto, con l’Atalanta a Bergamo.
Se tutto ciò non fosse ieri successo - come era
logico e possibile nei tempi e nella logica di un incontro senza gloria e senza
più storia - il toscano sorridente di Certaldo avrebbe fatto il suo mestiere,
avrebbe dato il contentino a Totti e anche ai tifosi, e si sarebbe rassegnato a
perdere meritatamente la partita. Nessuno lo avrebbe condannato, se non per sue
colpe tattiche e di gioco.
Ma quella mossa quasi obbligatoria e di
routine avrebbe raccontato ancora un pezzetto della storia del prode capitano e
ribaltato, come per incanto, un risultato che nessuno, a quell’ora, avrebbe
quotato.
Diciassette secondi bastano a Francesco per trovare
il pari in acrobatica spaccata, al primo pallone toccato. Due minuti per
segnare il difficile rigore di una vittoria insperata e accendere uno stadio di
passione.
In quei pochi attimi, si consolida e si
rinnova il mito. La straordinaria favola del ragazzetto timido di Porta
Metronia, che da vent’anni è il simbolo di Roma e della Roma, ha scritto un’altra
commovente pagina di un infinito e ricambiato amore.
Esplode la gioia e scendono tante lacrime
sugli spalti.
I tifosi impazziscono, i compagni lo
sommergono di abbracci, la panchina, tutta, corre dal capitano e lo festeggia,
anche a nome di tutto popolo giallorosso.
Spalletti ride, forse troppo e con un pizzico
di cinica furbizia, per contenere sorpresa ed imbarazzo o, forse, per non
piangere sui suoi misfatti.
Forse
capisce che i fatti e i gol, nello sport più bello del mondo, sono molto più
importanti di tanti giochi di parole, a volte pesanti, come e più delle offese,
delle insinuazioni e di qualche superfluo pregiudizio.
C’era
una volta Totti…una meravigliosa favola che ha avuto certamente un lieto inizio,
tante straordinarie imprese, a suon di gol, di gioie, delusioni e sentimenti e
un esaltante epilogo, tutto da inventare.
21
aprile 2016 (Alfredo Laurano)
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