Il Commissariato di Vigata ha esposto la bandiera a lutto.
All’interno c’è un palpabile, innaturale silenzio.
Catarella non sbatte porte e piange al centralino,
nascondendo lacrime e dolore fra le carte.
Montalbano, scuro in volto, ha preso la sua vecchia tipo,
anni novanta, ed è scappato via, senza salutare nessuno. Sta andando a cercare
il colpevole di tale inaudito dispetto, fatto alla letteratura, alla Sicilia, a
tutta l’Italia e all’umanità. Nonché ai suoi milioni di seguaci, che troppo amavano
suo padre.
Lo ha chiamato anche Livia, ma lui non ha proprio risposto.
Non vuole conforto.
Fazio sta scrivendo il suo più triste bigliettino di sempre,
che, stavolta, non leggerà all’amico commissario, ma conserverà gelosamente nel
suo giubbetto nero.
E Mimì Augello, il fimminaro impenitente, che fa, dove sta,
chi l’ha visto?
Non sta in ferie, non sta appresso a qualche bona picciotta
di Montelusa che lo intriga. Anche lui, quasi per tigna, va cercando, insieme a
Galluzzo, l’autore infame dell’affronto: sicuramente è un potente boss che non
perdona, un capomafia che non ha pietà e non fa eccezioni.
Intanto, da lontano, da assai lontano, Pasquano aspetta che
Andrea - padre di tutti loro - lo raggiunga, con un bel cartoccio di cannoli in
mano.
17 luglio 2019 (Alfredo Laurano)
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