Ma
si, sarebbero quattordici (anni) per il Ciontoli, ma facciamo cinque e non se
ne parli più.
Invece
se ne parla eccome e anche più di prima.
Non
solo per le migliaia di espressioni di sdegno e di protesta, di amarezza e
delusione, che questa ignobile sentenza, per molti pilotata, ha suscitato nella
comunità, nel gruppo di sostegno alla famiglia Vannini e nel popolo italiano.
Tanti,
tutti, in queste ore, continuano a scrivere e a urlare con forza e con furore: “vergogna…
non in mio nome… è un’indecenza… è inconcepibile, è disgustoso, è umiliante…
che schifo...” e anche di più e di peggio.
Sono
partite spontaneamente e-mail e lettere di protesta ai giornali, alle Tv, alla
magistratura, ai ministri e alle Istituzioni. Sono arrivate migliaia di
notifiche sui social e nei messaggi dei telefonini.
Questo
secondo verdetto, che ha derubricato il reato di omicidio da volontario a
colposo anche per l'esecutore dello sparo - del tutto contrario alle attese e
alle evidenze degli atti -ha scatenato,
inevitabilmente, una naturale, logica, rabbiosa reazione popolare che, sempre
inevitabilmente, finisce con l’invocare la pena di morte, la punizione dei
giudici, la vendetta personale, la giustizia sommaria da Far West. Che,
diciamolo apertis verbis, non è certo condivisibile, ma assai comprensibile.
E’
stato fatto un ulteriore oltraggio alla vittima, considerata sfortunato oggetto
di percorso (o di gioco allucinante), alla famiglia, ai cittadini, alla realtà
fattuale e oggettiva, abbondantemente emersa del dibattimento.
“C’è un ragazzo che si è
sentito male, di botto è diventato tutto bianco, non respira più…”
Bastano,
e sarebbero dovute bastare alla Corte, queste poche, semplici, chiarissime parole
pronunciate da Federico nel corso della prima, ormai famosa, telefonata all’operatore
del 118, per capire che la gravità della situazione non poteva non apparire ed
essere percepita da tutti i presenti nella sua più totale, innegabile, palese evidenza.
Parole
angosciate che svelano, e avrebbero svelato anche a un bambino, quanto fosse
impossibile sostenere - come tutti gli imputati hanno invece fatto in aula - di
non essersi resi conto del tragico frangente e dell’imminente pericolo di vita
del povero Marco, che aveva, peraltro, già perso due litri di sangue. Erano,
quindi, tutti volontariamente consapevoli.
E
sono stati pure incredibilmente creduti.
Come nelle favole, nelle farse
e nelle sceneggiate del compianto Merola.
30 gennaio 2019 (Alfredo
Laurano)
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