Applausi,
selfie per immortalare il momento, abbracci, sorrisi e perfino il baciamano. Si,
come già accadeva a Berlusconi a L’Aquila.
Ad
aspettare Matteo Salvini ad Afragola - “cosa venuta da cielo in terra a miracol
mostrare"- una folla eccitata e festante. Cercano di toccarlo, come si faceva
con padre Pio o si fa col Papa e i boss mafiosi. Magari, porta bene, porta fortuna, manco fosse
una reliquia viva e semovente.
Come
nel Medioevo, si inchinano al potente per venerarlo, per baciargli la mano, si
sottomettono e si indignano contro chi non l’apprezza o lo contesta.
Da
sempre, l’uomo - in teoria sapiens - fabbrica idoli per rappresentarsi entità
creatrici e soprannaturali, che assumono così caratteri antropomorfici: è più
facile adorare un'immagine iconografica, una statua o un feticcio, in questo sempre
nuovo paganesimo.
Non
solo, quindi, le divinità del denaro, del consumismo e del mercato, attuale
idolatria globale per eccellenza, ma sempre nuovi miti, nuovi idoli, nuovi eroi,
anche falsi, di cartapesta o da operetta.
E’
un bisogno innato e insopprimibile, ma anche ambientale e culturale, che si
rinnova nel tempo.
L’uomo
ne fabbrica continuamente e ad essi, fatalmente, si consegna.
Ma
perché lo fa, è forse così stupido?
Non
proprio o non del tutto.
Lo fa, forse, per trovare una risposta ai propri
limiti e per dare un senso alla propria inquietudine esistenziale.
19 gennaio 2019 (Alfredo Laurano)
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