Trentasette
anni di latitanza, poi, all’improvviso, il coupe de theatre: in sole ventiquattro
ore, Cesare Battisti, terrorista contumace condannato all’ergastolo,
individuato, arrestato e già spedito in Italia: un’accelerazione che sorprende
e che stupisce. Magari, fra un po’, poco prima delle prossime elezioni, sarà casualmente
catturato anche il super mafioso Matteo Messina Denaro, desaparecido da
venticinque anni.
Ad
accoglierlo, all’aeroporto, due ministri della repubblica - uno, già plurifelpato,
mascherato da poliziotto, manco fossimo a Carnevale - e una folla di cronisti,
di inviati e di agenti veri, raccolti in una coreografia che intende lasciare
un modesto segno nella Storia. E attribuirsi un merito, un riconoscimento e un
plauso, che forse vanno più all’Intelligence, ai Servizi internazionali e a
Bolsonaro, nuovo re del Brasile, nazionalista, omofobo, misogino e razzista
quanto basta. Anzi di più.
Un
trofeo da esibire e alzare al cielo come la coppa del mondo o dei campioni, la
cui novella occupa le cronache e metà dei telegiornali da tre giorni.
Siamo alla farsa che tutto
semplifica, magnifica e decanta. Al fuoco d’ artificio che infiamma i social e
le piazze, che illude la gente, cui dà un contentino, al balletto istituzionale
che celebra l’evento, che esagita gli animi e disegna un utile tassello
elettorale. Dietro tanta propaganda, una sceneggiatura studiata, ornata da onde di infantile fanatismo,
quasi pari a quello para-ideologico che sosteneva il presunto latitante e i
terroristi di una volta.
Intendiamoci,
nessuno vuole difendere il reo Battisti, che deve pagare le sue colpe, ma, come
ha scritto quel cronista del “mattino” di Napoli: "Non so se oggi sia un pericoloso terrorista colui che ha ucciso
per motivi politici negli anni Settanta o colui che da ministro dell'Interno
fomenta tutti i giorni odio contro altri esseri umani poveri e del tutto
innocenti".
Un
parallelo che forse ci sta, visto che il Salvini vice-premier, travestito come
i pupazzetti “Lego”, da Matteo pompiere, Matteo marinaio, Matteo carabiniere,
crocerossino, portuale o vongolaro, non ha proprio la coscienza pulita. Chiude
i porti e i centri di ricovero, sbatte i diseredati nella strada, è un pericolo
per milioni di Italiani, di stranieri e per diverse migliaia di immigrati.
Come
il suo nuovo amico brasiliano che, nostalgico dichiarato della dittatura
militare e apripista all’ondata populista in Sud America, gli ha fatto quel
regalo di nome Battisti, con la befana, ancora all’orizzonte.
Un
vento estremista soffia forte in tutto il mondo: dagli USA di Trump, all’Ungheria,
alla Turchia, all’Austria, alla Polonia e al nuovo Brasile dell’ex
paracadutista.
Un
vento talmente radicale che spaventa anche la pioniera della rinascita
della destra francese, Marine Le Pen, che non vede “cosa
renda Bolsonaro un candidato di estrema destra, visto che propone un modello illegale di stare
nelle istituzioni”.
Il semplice fatto che il nuovo sodale
di Salvini sia troppo estremista anche per Marine Le Pen è la dimostrazione più
evidente di quanto dovremmo essere preoccupati, più che felici per la cattura
programmata di Battisti.
15 gennaio 2019 (Alfredo
Laurano)
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