Che condottiero nella gladiatoria Arena il
mitico Giletti!
Arrogante paladino delle cause perse o
pareggiate, si scaglia con demagogica oratoria contro abusi, soprusi e
prepotenze.
Sempre forte con i deboli, ma servile con i
forti.
Sceneggiate populiste, argomenti a pronta
presa che indignano chiunque, sferzanti giudizi e moralismo a larghe mani, ospiti
sul trespolo, più o meno compiacenti, cui toglie la parola prima che inizino a
respirare: questa, in breve, è l’arena del nostro Russel Crowe.
E’ il giustiziere che al pranzo domenica, serve
il dessert con l’amaro in bocca, offrendo pastarelle di saggezza, in promozione:
racconta storie strappacuore, scandaletti di provincia e strumentalizza privilegi
e malcostume fino al limite del dramma, per affermare le ragioni del popolo
incazzato.
Un po’ come Del Debbio che, in modo più
volgare e provocatorio, sguinzaglia i suoi inviati da caccia e da riporto, e
aizza la gente, con la bava e inferocita, che affolla le piazze e i suoi
teatrini. Che si fa insultare, umiliare, pur di farsi vedere in TV e salutare
con la manina.
Ma
ieri, al gladiatore Massimo Decimo Giletti, la sfida con il tribuno Mario Capanna
è andata male: non ha scatenato l’inferno, ma al segnale perentorio del tribuno,
ha dovuto raccogliere il suo libro - che aveva buttato a terra - e abbassare le
sue penne di pavone sbruffoncello.
9 febbraio 2015 (Alfredo Laurano)
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