Anche se per colpa della crisi, molti
italiani hanno rinunciato a un buon bicchiere - solo uno su cinque beve vino tutti i giorni e quasi
la metà non lo beve mai - resta fondamentale il ruolo sociale e di costume che
il “nettare degli dei”, oltre ad essere un prezioso alimento da degustare per
il piacere dei sensi e il conforto dell’anima, ha avuto ed ha nella vicenda
umana.
Di vino si parla, si racconta, si canta e
si discute da sempre.
Favorisce l’allegria, nobilita il banchetto
e i piaceri conviviali.
Aiuta a confidarsi, a confessare amori,
pene e verità.
Sin dai tempi più remoti, una tavola
imbandita ed un buon bicchiere di vino hanno costituito fonte di gioia e di
voglia di vivere.
Si può dire, forse, che l’evoluzione sociale e civile dell'uomo è passata attraverso le tavole di ogni epoca.
Si può dire, forse, che l’evoluzione sociale e civile dell'uomo è passata attraverso le tavole di ogni epoca.
La storia della vite e della sua “dolce
ambrosia” si perde nei tempi lontani. Tra miti, leggende e verità.
Se ne parla nella Bibbia (è citato oltre
400 volte) e si narra di Noè viticoltore, dopo il diluvio universale.
Attraverso i Greci e i Fenici il vino si
diffuse in tutto l’occidente e assunse un ruolo olimpico e centrale.
Era un dono di Dionisio (Dio del vino,
Bacco per i Romani), un’essenza che legava la dimensione umana a quella divina
e che permetteva l'avvicinamento agli dei, proprio grazie allo stato di
ebrezza.
Era
anche un unguento destinato a medicare ferite e preservare i cadaveri dalla
corruzione; si riteneva che gli dei se ne aspergessero e che avesse il
potere di rendere immortali uomini o cose
su cui fosse versato.
La parola "vino" ha origine dal
sanscrito "vena", da cui "Venus", Amore.
Quindi il vino, detto anche "miele del
cuore" è da sempre nel linguaggio universale sinonimo di gioia, di legame
e condivisione della vita.
E’
come il pane che si divide fra compagni (dal latino cum panis).
Platone lo consigliava agli anziani.
Orazio, Catone e Varrone ne parlano con
rispetto e apprezzamento e, in epoca più fiorente per l’impero, Plinio il Vecchio e Columella, cronisti e
naturalisti di quella civiltà, si occuparono, trattarono e scrissero di
viticoltura.
Nell’ Odissea, Omero descrive i
poteri del vino:
“Vino pazzo che suole spingere anche l’
uomo molto saggio a intonare una canzone, e a ridere di gusto, e lo manda su a
danzare, e lascia sfuggire qualche parola che era meglio tacere.”
Dopo un lungo periodo di decadenza della
viticoltura, dovuto al declino dell’Impero Romano, contadini, frati e religiosi
di ogni ordine, in particolare Benedettini, ripresero la produzione,
soprattutto in considerazione del valore simbolico del vino.
Durante il Medioevo, i conventi e le
abbazie divennero veri e propri centri vitivinicoli.
La Francia, comunque dominava la scena.
Dal
Rinascimento in poi, il vino riprese il suo ruolo di protagonista della cultura
occidentale, fino al consolidamento delle tecniche di produzione, alla
conservazione e al commercio (arte dei bottai, bottiglie, tappi di sughero).
Oggi, quel nobile piacere popolare, è
diventato un bene caro ed esclusivo. Per molti un lusso, un prodotto che
descrive uno status, quasi un ruolo di prestigio. Barolo, Barbaresco, Brunello,
Amarone, Sassicaia: eccellenze enologiche, grandi cru, da diverse centinaia di
euro alla bottiglia.
Studiare il vino è comunque un percorso
affascinante. Si scopre un mondo complesso e variegato, fatto di storia,
chimica, microbiologia, pedologia, agronomia e mineralogia. Dietro un bicchiere
o in una botte, si nasconde, ma vive tutta una cultura di sapienza enologica e
viticoltura, di ampelografia e tecnica, di estro e di fatica umana.
Io stesso, appassionato sommelier
(piuttosto preparato …dicevano gli esperti), dopo tre intensi corsi e relativi
esami, dopo tante visite a cantine e produttori, dopo piacevoli e inebrianti
serate e degustazioni organolettiche, dopo tante ricerche di bottiglie rare in
enoteche, ho perso l’entusiasmo di una trentina d’anni fa, anche se amo ancora
alzare un calice e parlar di vino.
Assaggiare,
assaporare e abbinare è bello e seducente e accarezza l’anima, oltre le mode
effimere e gli obblighi imposti dal mercato. La speculazione e i forti
ricarichi su una bordolese di pregio, o anche assai modesta, allontanano però i
consumatori.
Da sempre consiglio ad amici e conoscenti
di optare per i vini di piccoli e onesti produttori - ce ne sono in tutta Italia,
basta cercarli - o per quelli un po’ ruspanti e genuini delle Cantine Sociali
regionali. Si fanno delle belle scoperte, si trovano piacevoli sorprese.
L’importante è bere poco, ma bene, con occhio attento alle mistificazioni, al
metanolo, ai vini che costano meno dell’acqua minerale.
29 aprile 2014
AlfredoLaurano
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