In effetti, da Berlusconi, soprattutto prima
maniera - ma anche ultima, fa poca differenza - ce lo saremmo aspettato e lo
avremmo giudicato in linea con il personaggio e con la sua stravaganza
populista.
Ma dal pupillo Renzi, tutto sommato, pure,
viste le sue spericolate manovre e le sue scelte da funambolo politico, ispirate
al suo amato predecessore che, spesso ha addirittura superato.
La creazione del “dipartimento mamme” è qualcosa
che sa di nobile e di antico, ma anche di settario, di corporazione che profuma
di ventennio, che punta al cuore fragile delle donne e al trionfo dei buoni
sentimenti.
Una trovata pubblicitaria che offre una
visione arcaica e moralista di un’idea di nucleo familiare superato e poco
veritiero. Che ricorda e imprigiona la donna nel suo ruolo fondamentale di
madre, anche se la donna non è solo questo.
Questa dimensione tradizionalista e per molti
versi in evidente contrasto con la realtà contemporanea, riduce la donna al suo
ruolo riproduttivo, tra padelle, ricamo e pannolini: l’angelo del focolare, che pulisce, lava,
cucina, cresce e cura i figli. E anche il marito, quando c’è. E quando svolge,
magari con il suo permesso, la funzione di padre. Ma è una variabile eventuale,
di poco conto e poco necessaria.
“Non c’è alcuna equiparazione fra il concetto di donna e quello di mamma”, dice l’incaricata del progetto Titti Di Salvo che, dopo il fidanzamento
con Eva Grimaldi, si è molto ammorbidita e che, con Gennaro Migliore, segue ormai
la novella via del renzismo di ritorno.
“Questo è pregiudizio - prosegue la fondatrice di
ArciLesbica e promotrice del World Pride nazionale - si crede che dietro a quell’etichetta scelta per la nuova struttura non
ci sia un pensiero maturo sul ruolo della donna. Per noi la maternità non deve
essere né un destino né una rinuncia, ma una libera scelta.”
E allora, di che si occuperà, il neo “dipartimento
mamme”?
Presumibilmente, di politiche della famiglia,
di conciliazione con i tempi del lavoro per entrambi i genitori, di interventi di
carattere economico, della possibilità di avere bonus e sostegni pubblici
all’infanzia o l’abolizione dei costi per gli asili nido, per il tempo pieno a
scuola, per la cura degli anziani o della scelta delle donne se avere o meno un
figlio, senza dover rinunciare al lavoro o alla stessa maternità.
Ma perché, allora, non valorizzare e prevedere,
pariteticamente, apposite sezioni anche per i padri separati (sempre più
poveri, senza casa o senza lavoro) o per le infide suocere, sempre nell’occhio
del ciclone? O per i diritti civili dei diversi e nelle unioni civili?
Già, perché la polemica è proprio questa, ed
è puramente semantica.
Visto che esiste pure un dipartimento “pari
opportunità”, perché non chiamarlo dipartimento genitori o dipartimento
famiglie?
Sui social network, dilagano le critiche e i
commenti, conditi con sarcasmo e scetticismo. Per molti: “è una bieca operazione di marketing politico”.
“Renzi crede davvero che usare la “mamma” lo aiuterà a vincere le
prossime elezioni?” “E il Comitato suocere che ne pensa?"
Qualcuno ipotizza iniziative promosse dal
neonato dipartimento, quali organizzazione di corsi di cucina, di taglio e
cucito o di come far felice il partner, con l’obbedienza e la fedeltà.
Demagogia spicciola, fumo agli occhi
preelettorale, sottile strategia di mercato, mossa di astuta propaganda
mediatica?
Renzi vuol fare il populista e nulla è più
nazionalpopolare della mamma. Che ha un valore pesantissimo. Non a caso,
Berlusconi (mamma Rosa) la citava spesso.
Perché, allora, non cambiare anche il nome
del partito?
FORZA MAMMA, sarebbe perfetto. Anche perché
ce n’è una sola, ma ce l’hanno tutti.
(Alfredo Laurano)
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