lunedì 31 luglio 2017

PASTASCIUTTA E LIBERTA’ /1140

L’Italia è anche il Paese delle Sagre. 
Da nord a sud, è quasi impossibile sapere quante siano, perché spunta sempre, dietro l’angolo di qualche borghetto, una bancarella con una porchetta, un formaggio o un cuoppo fritto, esibito come prodotto tipico.
Qualcuno parla di almeno duemila: da quella della trippa a quella del baccalà, da quella del tortello a quella del pollo ruspante, da quella del peperone a quella del pesce, del carciofo o della tellina. Fino a quella della romagnola Pera cocomerina.
Presto qualcuno si inventerà pure la sagra del sushi, non propriamente tipica delle nostre lande, ma pur sempre un buon affare.
Le sagre ormai proliferano e si moltiplicano di estate in estate, promuovendo tra residenti e turisti la cultura gastronomica del territorio e della tradizione, creando anche non pochi problemi alla ristorazione. Sono sempre affollatissime, tra cucine, pentoloni, fumi e profumi.

Ma esiste, per chi non lo sapesse, anche la Sagra della Pastasciutta antifascista, che si tiene dall'indomani dell'arresto di Mussolini, avvenuto il 25 luglio del 1943, in ricordo della grande pastasciutta collettiva che la famiglia Cervi offrì a tutto il paese, distribuendola in piazza a Campegine per l’occasione. Seguirono molti mesi di ulteriori sofferenze per il popolo italiano, ma in quelle ore si festeggiò in tutta Italia la destituzione del Duce.
Da moltissimi anni, nei giorni di fine luglio, questa festa, popolare e genuina, rivive nell’aia del Museo Cervi di Gattatico (RE), mantenendo intatto lo spirito di quei giorni di effimera speranza.
Le Pastasciutte Antifasciste hanno poi conquistato altri territori e altre comunità, si sono estese in tutta Italia e sono diventate una rete di oltre settanta manifestazioni, idealmente collegate ai fratelli Cervi, unendo migliaia di cittadini di ogni età, in un comune sentimento di libertà.

Nel cimitero di Campegine riposano le spoglie dei sette fratelli Cervi: Agostino, Aldo, Antenore, Ettore, Ferdinando, Gelindo ed Ovidio, contadini innovatori, strenui oppositori del regime fascista, che li fucilò, il 28 dicembre del 1943, al Poligono di tiro di Reggio Emilia. I loro corpi furono rinvenuti nel cimitero di Villa Ospizio (RE) l’anno successivo, a seguito di un bombardamento. La storia della famiglia Cervi è poi assurta a simbolo del coraggio, della generosità dei contadini reggiani e della loro caparbia volontà di non piegarsi ad un regime totalitario e violento.
Anche una sagra “esportata”, di origine storica e politica e nata quasi spontaneamente, può servire a riproporre il ricordo di un vile fatto storico, di una assurda strage familiare, con gli stessi ingredienti di quella serata di Casa Cervi: una rievocazione della caduta del fascismo, tramite una semplice pastasciutta, a burro e parmigiano (altro non c’era), per tramandare la memoria dei valori della Resistenza e dell’Italia antifascista.

Soprattutto oggi, fra raduni di nostalgici del Ventennio, teste rasate, canti, saluti romani e una sfilza di negozi di souvenir, da Predappio allo stabilimento balneare di Chioggia - dedicato a Mussolini, dove si esaltano pure le camere a gas - che tirano a lucido le proprie ignobili vetrine con felpe, cappelli, tazze, bicchieri, coltelli, poster, bandiere, bandane, foto, cartoline, spille e calamite inneggianti al duce. 
Il folclore del disgusto. (Alfredo Laurano)

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