Mezza Italia brucia, da nord a sud. I suoi
boschi e le sue valli sono in fiamme.
Per caso, per il troppo caldo, per auto
combustione, per volontà di malati e capriccio di piromani o per dolo
scientifico e premeditato?
E poi scopri che i Canadair e gli elicotteri
antincendio sono gestiti da privati! E ti
rendi conto che gli incendi fanno girare tanti, ma proprio tanti soldi!
Lo scrive Gherardo Chirici, professore associato di Inventari forestali e telerilevamento
presso l'Università di Firenze.
I Canadair che in questi giorni sorvolano l’Italia
e, in particolare, la Sicilia, il Mezzogiorno e il Centro (Roma e litorale
laziale), per spegnere gli incendi al costo di 14 mila euro l’ora, sono gestiti
da privati. La stessa cosa riguarda gli elicotteri per il salvataggio e la
lotta agli incendi.
Poi ci sono anche i poveri pompieri che si
fanno in quattro e in mille per salvare ambiente, case, uomini e animali.
“Non tutti forse sanno – scrive il docente universitario – che
questi servizi di soccorso dal cielo (la nostra famosa flotta di 19 Canadair,
così come la maggior parte di quella degli elicotteri) è data in appalto, ogni
anno, dai Vigili del Fuoco, dalla Protezione Civile e da altri enti. I
contratti se li aggiudicano sempre le stesse ditte”.
Tant’è, che dopo aver osservato un campione
di 18 gare d’appalto, è intervenuta l’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato.
Ma, se non ci fossero più roghi, queste ditte
che vendono i loro servizi di antincendio otterrebbero ancora i loro appalti
milionari?
Sono decenni che molte di queste fiamme sono
provocate da addetti ai lavori di spegnimento.
Prima c’era la speculazione di chi cercava
spazi nuovi per costruire, si moltiplicavano i singoli piromani, gli imbecilli
criminali che si divertivano al barbecue della natura o gli stagionali che
cercavano la riconferma del posto di lavoro e provocavano gli incendi per
poterli spegnere. Poi sono arrivati gli elicotteri e gli aerei.
E il business si è fatto assai più
interessante.
Basta una cicca già fumata per incassar
milioni.
(Alfredo Laurano)
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