Dopo tre lunghi
anni di invecchiamento e opportuno affinamento in un prezioso cassetto di
rovere della Slavonia - quello delle barriques - è finalmente arrivata in aula
di Montecitorio l’attesa legge sull’abolizione e la revisione dei vitalizi dei
parlamentari (firma Richetti PD) ed è stata approvata a larghissima maggioranza,
pur fra polemiche e attacchi pungenti e velenosi.
Festa, giubilo e
tric ballac: nello stanco e avvilito Paese, tutti gli italiani, lavoratori,
pensionati, studenti, casalinghe emarginate e disoccupati dimenticati - trasversalmente
imbufaliti da quegli odiosi privilegi - sono commossi e felici per questo gradito
venticello, che sembra spirare, era ora, in direzione di un atteso atto di giustizia
sociale.
Ma non
facciamoci illusioni.
Abbiamo avuto
intanto il contentino, la soddisfazione di vedere riconosciuto un nostro
legittimo desiderio di uguaglianza, una concessione ingiusta e non dovuta, un
non diritto della Casta a fruire di un beneficio usurpato e discriminante, ma
nessuno ci risarcirà della condizione di dover lavorare fino alla vecchiaia per
andare a riposo, con quattro soldi di pensione.
Anche perché, e
soprattutto, quando il provvedimento approderà al Senato e, quasi certamente,
non sarà approvato (maggioranza risicata, assenze in aula, improvvise malattie),
tra emendamenti ed eccezioni che lo rinvieranno alla Camera, in un piacevole,
graditissimo viavai.
Per non parlare
del possibile vizio di incostituzionalità per la parte retroattiva e dell’applicazione
del nuovo calcolo contributivo.
Nessuno si priva
di gustare un vino pregiato e barricato, nessuno è così folle da tagliare il
ramo su cui sta comodamente seduto, anche se - comunque la pensiamo - non
possiamo non prendere atto che i pentastellati hanno rinunciato a 42 milioni di
euro di risarcimenti elettorali (già noti come finanziamento ai partiti) e a 22
milioni di diarie personali, vini compresi.
(Alfredo Laurano)
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