Quello che
sarebbe il più grande errore giudiziario del secolo - secondo Bossetti - si è
dunque consumato. In appello, la condanna all’ergastolo del muratore di Mapello
è stata confermata, pur dopo quindici ore di camera di consiglio.
Giudici,
togati e non, presumibilmente spaccati e non del tutto completamente convinti della
sua colpevolezza. Come, peraltro, la stessa pubblica opinione, diversamente
schierata, come sempre e come è naturale che sia, in questi casi eclatanti e
coinvolgenti. Anche se ciò non conta, ai fini di giustizia.
O forse si,
almeno in parte, in qualche caso e per qualcuno.
È innegabile
che lo strapotere mediatico, le sue luci della ribalta, il variegato circo
degli opinionisti, i pareri delle criminologhe disponibili e piacenti, le meticolose
trasmissioni TV, i giornaletti di gossip che scavano nei segreti familiari, tra
le pieghe dei sentimenti e dei pregiudizi, non possono non avere un certo ruolo
e un certo peso nella formazione di un giudizio, sia pure inconsciamente.
E ciò vale per
tutti, per chi ne discute al bar, con gli amici o in famiglia, ma anche per chi
è chiamato a decidere della sorte e della vita di un uomo, accusato di un efferatissimo
delitto.
Anch’io,
ovviamente, non so se Bossetti sia colpevole o innocente: non conosco gli atti
e le carte processuali, le posizioni convinte dell’accusa e della difesa, le
reali prove regine del Dna - apparentemente incompleto o parziale - dei
passaggi del furgone bianco, dei residui di fibra dei sedili. Né il quadro
psicologico reale dell’imputato, le dinamiche familiari e ambientali di una
storia assurda, quanto incredibile, che, attraverso un complesso sistema di
ricerca genetica e di indagine fra vivi (la madre Ester, con la sua avventura
extra coniugale) e defunti (il suo presunto padre biologico Guerinoni) ha
portato alla scoperta di “ignoto uno”, fra migliaia di possibili individui. Naturalmente,
grazie alle sofisticate tecniche investigative dei Ris, dei Ros, di genetisti di
fama e consulenti specialisti, spesso, però, in antitesi e in disaccordo tra
loro.
Di conseguenza
nascono o restano dubbi, domande lecite e perplessità che creano ansia,
soprattutto, in chi deve giudicare e condannare, “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Per questo,
anche alla luce delle continue dichiarazioni di innocenza, di estraneità al
delitto e al racconto, pur suggestivo, di sé stesso, pronunciato con inaudito impeto
dal condannato, mi permetto di pensare che, forse, la super perizia, ripetutamente
richiesta dal collegio difensivo di Bossetti, avrebbe potuto essere accolta,
proprio per fugare ogni possibile incertezza.
Si sarebbe
perso o impiegato solo un altro po’ di tempo che, di fronte a un ergastolo poco,
comunque, avrebbe significato.
Ma la pubblica
opinione non può e non deve aspettare, deve aver subito fra le mani e fra i
pensieri il suo mostro da punire e detestare, da rinchiudere dietro le sbarre
della propria immacolata moralità.
(Alfredo Laurano)
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