Il sadico professor Kranz, il sottomesso impiegato Fracchia,
il mitico Fantozzi: tutti nello stesso, unico Villaggio. Un Villaggio che ha creato
un genere particolare e nazional-popolare, un’epoca letteraria e
cinematografica, nata dal cabaret e dalla televisione.
Confesso di non aver mai amato molto quel genere di comicità
immediata, scontata, surreale, irritante e anche banale.
Non mi hanno mai fatto ridere quelle smorfie, quelle linguacce,
quella gestualità, quelle espressioni cariche ed esagerate.
Pur nel sarcasmo, pur nell'esasperazione della parodia, però, quelle maschere di pavido perdente,
inconsapevolmente rassegnato nella sua condizione di emarginato, di masochista contento
di subire, votato al sacrificio e alla malinconia perenne, hanno forse dato
conforto a chi ha dovuto condividere nella realtà proprio quella paradossale
condizione. Hanno creato una galleria di "bestiale" umanità e uno stile proprio.
“Ossequi, mega
Direttore Gran Lupo Mannaro, come è umano lei!”
Ora, la “pazzesca” corazzata Potemkin è affondata perché il
suo moderno esegeta se ne è andato stamattina e non potrà più citarla e criticarla,
per recuperare un anelito di libertà, una parvenza di coraggio e ribellione.
E' il momento della tristezza e della malinconia vera.
L’impiegato vessato, codardo, ma profondamente umano, non c’è più.
L’impiegato vessato, codardo, ma profondamente umano, non c’è più.
E non c’è più niente da ridere, da commiserare, da
ridicolizzare delle sue epiche sventure.
Resta l’amarezza per l’uscita di scena di un personaggio
stravagante, anche nella vita, che ha rappresentato, comunque, un pezzo di una
certa società, vittima del potere e dei piani alti.
Che ha fatto ridere molti e che ora ha raggiunto quella nuvoletta fantozziana, bagnata, come sempre, di fastidiosa pioggia e,
ora, anche di lacrime.
(Alfredo Laurano)
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