A nome della corporazione dei “professori,
dei giuristi e degli intellettualoidi falliti”, chiamati in causa da soggetti
arroganti e presuntuosi che, su queste pagine di pubblico dibattito (Verità e Giustizia per Marco Vannini), sparano granate
di ignoranza e maleducazione, offendendo chi si permette di avere un’idea diversa
dalla loro, vorrei precisare che:
fermo l’insopprimibile diritto di pensare ed
esprimersi in assoluta libertà, come e quando lo si voglia, nessuno, e tanto
meno lo scrivente, intende dimostrare di conoscere la lingua italiana, né sforna
parole “forbite” per creare effetti speciali. Semplicemente, usa il proprio
linguaggio per comunicare, come chi invece usa disegnini, geroglifici o suoni
gutturali. Non siamo in accademia, a un esame o a un telequiz. E nemmeno nell’era
primitiva.
Non spetta a me sciogliere i dubbi sulla
dinamica dei fatti che hanno portato alla morte di Marco: per questo esistono i
Tribunali ed i processi. La Giustizia deve fare il suo corso e arrivare alle
giuste condanne.
Non ha senso, ribadisco (e questo, per chi
non l’avesse compreso, era lo spirito vero e unico della mia riflessione),
accostare e confrontare casi diversi, ognuno nella sua specificità, per
sottolineare che Bossetti, Bonincontri, Parolisi, Sorgato e tutti gli altri
stanno in galera e i Ciontoli ancora no. È un obbrobrio giuridico e, prima
ancora della logica e della razionalità.
Come pretestuosa e ricorrente è l’affermazione
banale e qualunquistica di chi ancora si compiace di ricordare, ritenendo di
suscitare presunte crisi di coscienza, “vorrei vedere se fosse stato tuo figlio!”
Tutti siamo genitori, tutti ci identifichiamo, tutti vogliamo bene a Marco e
alla sua famiglia, ma la legge prescinde dai ruoli sociali di ciascuno.
In conclusione, invocando ancora l’inalienabile
diritto alla pacifica convivenza delle idee e il dovuto rispetto della civiltà umana
e giuridica, vorrei rassicurare qualche saccente sconosciuto che qui nessun
amico (né Andrea, né Rosy Bindi, né altri) intende “fare il fenomeno” sulla
pelle di una innocente vittima, sacrificata sull’altare della stoltezza e della
malvagia pochezza umana.
Nessuno si abbasserebbe a forme di speculazioni
così grette e meschine. Marco avrà comunque giustizia. (A. La.)
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