Un gran bel viaggio di Gian Piero Ferri la “dove nascono le favole che poi
prendono la forma delle nuvole e assumono le mille forme dei pensieri...."
Fermarsi a riflettere sulla
propria vita è un esercizio spontaneo e naturale, e spesso irrefrenabile e
prorompente che, prima o poi, e con tempi e modalità diverse, riguarda tutti
quelli che hanno un cuore e un’anima pensante: da una parte, riemergono gli
affetti, le passioni e i sentimenti, dall’altra, le ragioni, i fatti, le scelte,
i desideri e le decisioni.
Ma tutto si amalgama in un unico
percorso, ricco e variegato, e a volte un po’ confuso, dove storie, sogni, favole,
voli di piume e soffi d’amore – i tuoi ologrammi poetici – si fondono in
un'unica realtà. Che ci guarda, ci osserva, ci sorride o ci ammonisce, che ci
premia, ci punisce o ci confonde.
Perché tutti abbiamo una nostra
storia da raccontarci, da ripercorrere come un viaggio a ritroso nei luoghi
dell’infanzia, della giovinezza, della maturità e della consapevolezza, tra le
brume della nostalgia e, qualche volta, dei rimpianti.
Ma non tutti la sanno o la
possono rappresentare come hai fatto tu, che hai trasformato questa intima esigenza
in una doppia esposizione narrativa - una più intima e personale, l’altra più
distaccata e oggettiva - dove la chiarezza di un linguaggio semplice e
universale sposa la capacità di guardarsi dentro, di mettere a nudo i propri
sentimenti, senza un filo di retorica o di compiacimento, di riscoprire con
candore pascoliano il proprio vissuto e la memoria del passato.
Tante pennellate nella tela dell’esistenza:
l’infanzia, l’adolescenza, il Seminario, gli affetti, l’amicizia, le perdite e
le delusioni, l’amore, lo sport, il lavoro: un affresco incastonato nei profumi
e nei colori della terra, nei diversi luoghi dei fatti e degli eventi, nelle
forme stagionali di una natura cangiante e indifferente e saldamente impiantato
nelle proprie radici culturali.
Ogni elemento, ogni luogo, ogni
persona - mi viene in mente la metafora della murena, o Furio, l’uomo che
parlava e faceva inginocchiare i cavalli, o la toccante favola del paese senza guerra - trasmette
un’emozione, un momento di partecipazione e coinvolgimento.
Come si dice in prefazione, “la
voce dell’anima muove il sentimento del passato” e parla a coloro che vivono
quel sentimento, nella sensibilità di gioire o patire per l’altro.
E tu, che hai semplicemente
“scritto ciò che hai vissuto”, hai raccontato, con profonda umanità e tratti di
poesia, una storia personale che si fa storia di tutti.
Forse, grazie a quegli occhi di
nonna Antonia che sono ancora la guida della tua vita.
Con stima e affetto.
(Alfredo Laurano)
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